Il CommentoDiritto

Ai giudizi tributari serve più efficienza e omogeneità

Magistratura professionale, rinvio pregiudiziale e accesso alle banche dati devono essere i pilastri dell’intervento

Dal Pnrr emergono indicazioni importanti per l’improrogabile riforma della giustizia tributaria, a cominciare dal giudizio di legittimità. Il contenzioso tributario si conferma la componente più significativa dell’arretrato dinanzi alla Corte di Cassazione (oltre il 40% dei procedimenti civili), tanto che il presidente Domenico Chindemi e il professor Maurizio Leo hanno auspicato un intervento deflattivo delle liti pendenti (si veda «Il Sole 24 Ore» del 29 marzo). Ma dal Pnrr emerge un ulteriore dato preoccupante: nel 2020 il tasso di annullamento delle decisioni d’appello è stato del 47 per cento. Secondo la relazione sull’amministrazione della giustizia pubblicata il 21 gennaio, nel 2021 il tasso di accoglimento dei ricorsi nei confronti delle sentenze delle Ctr ha superato il 57%, di gran lunga più elevato rispetto a quello del contenzioso ordinario. Questo dato abnorme rivela un serio problema qualitativo, che dovrebbe trovare adeguata risposta nelle soluzioni della task force interministeriale.

Posto che la qualità di un processo si misura sulla qualità delle decisioni che produce, non è sostenibile un sistema che riforma per vizi di diritto oltre la metà delle sentenze impugnate. Pertanto, se nell’immediato è ragionevole una definizione agevolata delle liti pendenti in ultima istanza, gli interventi che a regime dovrebbero ridisegnare l’assetto della giustizia dovrebbero garantire certezza delle regole e qualità delle decisioni di merito, anche con l’obiettivo di ridurre il numero dei ricorsi.

Appaiono quindi strategiche le direttrici di intervento su personale, procedura e tecnologia. Nel Pnrr si propone di ampliare l’organico della Sezione tributaria della Cassazione e di incentivare economicamente il personale ausiliario. Non basta però rafforzare la dotazione di personale presso il giudice di ultima istanza: la qualità delle decisioni richiede che la giurisdizione di merito sia affidata a giudici professionali, specializzati e a tempo pieno.

Per riequilibrare il vertice del sistema giudiziario e valorizzarne la funzione nomofilattica, è condivisibile l’introduzione del rinvio pregiudiziale in Cassazione, sulla falsariga del modello francese, per risolvere tempestivamente dubbi interpretativi e prevenire la formazione di decisioni mutevoli o contrastanti su una materia di grande rilievo economico (nel 2021 il valore delle liti trattate dalla Cassazione ha superato i 9 miliardi).

L’istituto permetterebbe un’importante riduzione del contenzioso se il principio di diritto enunciato in sede di rinvio pregiudiziale fosse vincolante anche in tutti gli altri casi in cui rileva la questione decisa. L’attività giudiziaria trae, infatti, legittimazione e autorevolezza dalla stabilità e dalla prevedibilità.

Infine, nel Pnrr si prospetta un migliore accesso alle fonti giurisprudenziali. Il contenzioso tributario diventerà più efficiente nel garantire la stabilità delle decisioni e a tutelare la “parità delle armi” fra le parti se i precedenti di merito costituiranno un patrimonio condiviso da contribuenti e Amministrazione.

Un’equilibrata riforma del processo non può, quindi, prescindere da un profondo rinnovamento informatico del portale della Giustizia Tributaria del ministero dell’Economia che, nonostante il provvedimento del Garante del Contribuente della Lombardia del 6 maggio 2021, continua a consentire l’accesso generalizzato alle sentenze di merito solamente alle Entrate.

L’eccessiva durata dei tre gradi di giudizio rappresenta, dunque, soltanto un aspetto negativo dell’attuale amministrazione della giustizia tributaria, per riformare la quale occorre investire sulla qualità della selezione (e formazione) del capitale umano dedicato, potenziare la funzione di orientamento ermeneutico dell’organo apicale del nostro sistema giudiziario e favorire la piena conoscibilità del diritto vivente.

Massimo Antonini è partner di Chiomenti e Paolo Piantavigna è professore associato di Diritto tributario c/o Università di Pavia