Il CommentoControlli e liti

Associazioni sportive dilettantistiche, benefici fiscali sempre agganciati all’attività

La perdita della qualifica va circostanziata dall’amministrazione finanziaria

di Enrico De Mita

Il disconoscimento, a fini fiscali, della qualifica di associazione sportiva dilettantistica (legge 398/1991) e l’attribuzione di natura commerciale con esclusiva finalità di lucro, con recupero delle relative imposte, deve essere fondato sulla prova, di cui è onerata l’Agenzia, che non è stata svolta un’attività istituzionale dilettantistica a favore dei propri iscritti da parte dell’associazione sportiva, con adeguata indagine sui rapporti sostanziali e non meramente formali, senza petizioni di principio.

La giurisprudenza in tema di abuso del diritto (da ultimo, si veda anche Cassazione 34750/2019) insegna che i verificatori non devono e non possono procedere in modo unilaterale e meramente formale, limitandosi ad un mero “disconoscimento” delle forme che il contribuente ha adottato.

Infatti, da ultimo, la Suprema corte ha statuito che la concessione dei benefici fiscali può essere accordata quando emerga sia il profilo formale dell’affiliazione (che indica già un implicito riconoscimento ed esame a fini sportivi), ma anche il profilo sostanziale dell’aderenza dell’attività effettivamente svolta alla promozione sportiva dichiarata (Cassazione 2152/2020).

La Corte è attenta nel ribadire la necessità di considerare il profilo sostanziale dell’attività effettiva di promozione sportiva dichiarata.

La Suprema corte, così statuendo, riporta l’attenzione, in una pluralità di recenti pronunce, sull’abuso della forma dell’associazione sportiva a fini agevolativi, della rilevanza fiscale del rispetto delle prescrizioni normative e dell’attuazione dello scopo associativo di promozione sportiva, essendo il beneficio fiscale ancorato ad un’effettiva attività associativa promozionale dei valori sportivi.

La concessione dei benefici fiscali può essere accordata quando emerga, oltre alla formale affiliazione, anche l’effettività della promozione sportiva dichiarata.

Incombe sull’amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale.

L’accertamento dell’ufficio, quindi, non può essere dogmatico, sino ad evitare scientemente di considerare evidenze oggettive opposte alla tesi erariale.

Anzi, l’amministrazione è chiamata ad un notevole pragmatismo e al rispetto, insieme ai giudici, del principio di legalità, il quale esige che il contribuente possa valutare con certezza le conseguenze fiscali dei suoi comportamenti.

L’accertamento dei verificatori, se vuole resistere in giudizio, deve essere puntuale, non approssimativo né sommario. Il disconoscimento dell’attività sportiva svolta verso i tesserati, con riqualificazione della stessa come attività commerciale, richiede la prova concreta del pratico svolgimento di un’attività commerciale. Occorre indagare se una peculiare attività sportiva è promossa dall’associazione in conformità ai fini istituzionali e se tali finalità sono effettivamente perseguite, con puntuale e coerente riferimento al compendio istruttorio oggettivato nella verifica e negli atti.

È onere dell’amministrazione finanziaria provare l’assenza dei presupposti soggettivi e oggettivi per l’applicazione delle disposizioni tributarie agevolative. In quest’ottica si è posta anche la prassi amministrativa quando ha riconosciuto la non imponibilità ai fini delle imposte sui redditi delle prestazioni rese a favore di non soci dell’associazione, purché iscritti, associati o partecipanti di altre associazioni e tesserati delle organizzazioni nazionali (risoluzione 38/E del 2010).

La piena responsabilizzazione dell’amministrazione si associa all’esigenza sistematica, di carattere costituzionale, particolarmente significativa nella materia dell’abuso del diritto: il rispetto della centralità del principio di legalità, senza la possibilità di supplenze né sul piano amministrativo né giudiziale.