Attività commerciali del no profit, Iva e dirette su doppio binario
Attività commerciali degli enti non profit con Iva e imposte dirette su doppio binario. L’articolo 4 del Dpr 633/1972 prevede l’applicazione dell’Iva solo in presenza di un’attività di natura commerciale, in mancanza della quale agli enti non profit non potrebbe mai essere riconosciuta la soggettività passiva Iva.
Qualora l’ente svolga più attività, solo quelle commerciali sono incluse nel campo di applicazione dell’Iva. In via speculare, la detrazione a monte è consentita solo per gli acquisti di beni e servizi posti in essere nell’esercizio di attività commerciali.
Sono assoggettate a imposta anche le operazioni effettuate nell’esercizio di attività commerciali ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici o di contributi supplementari, determinati in funzione delle maggiori/diverse prestazioni alle quali danno diritto. Ciò, in quanto tali attività rappresentano una forma di remunerazione spettante ai soci a fronte del servizio ricevuto.
La rilevanza dell’attività viene meno per prestazioni/cessioni rese, in conformità alle finalità istituzionali, da alcune tipologie di enti nei confronti di soggetti che, in virtù della propria qualifica, hanno con l’ente un rapporto effettivo, stabile e privo del carattere lucrativo. La ratio è quella di favorire chi persegue finalità di interesse sociale, utilizzando un modello di carattere associativo.
Per le stesse ragioni, sono previste anche prestazioni totalmente esenti in quanto sensibili per la collettività, ossia quelle socio-sanitarie, assistenziali ed educative rese da particolari categorie di enti, tra i quali – a riforma completa – rientreranno gli enti del Terzo settore non commerciali.
Le imposte dirette
Discorso diverso, invece, sotto il profilo delle dirette. Il legislatore ha previsto un’analoga disposizione all’articolo 148 del Tuir, consentendo agli enti di tipo associativo di fruire della decommercializzazione per i corrispettivi specifici collegati all’attività istituzionale. Tale norma è stata modificata dal Codice del Terzo settore che ne ha ridotto l’ambito di applicazione.
A riforma attuata (dal periodo di imposta successivo al rilascio dell’autorizzazione europea sulle misure fiscali del Cts), la decommercializzazione dell’articolo 148, comma 3, continuerà ad applicarsi solo alle prestazioni poste in essere da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, sportive dilettantistiche, nonché dalle strutture periferiche di natura privatistica necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a servizi di pubblico interesse.
Le prestazioni commerciali rese da qualsiasi altro ente – con un’eccezione per le associazioni di promozione sociale – nei confronti di iscritti, associati o partecipanti saranno considerate commerciali. La riforma non ha però modificato l’articolo 4 del decreto Iva, che prima dell’ultima modifica era coincidente all’articolo 148 del Tuir. Ora i testi delle due disposizioni sono “asimmetrici”. Può quindi verificarsi che, mentre ai fini Iva i proventi commerciali continueranno ad essere decommercializzati, non lo saranno ai fini delle imposte sui redditi. Gli effetti e la disciplina saranno diversi a seconda della tipologia di ente.
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di Fabio Giordano, comitato tecnico AssoSoftware