Avvisi bonari senza sanzioni: gli atti restano impugnabili
Per la Cassazione la richiesta di imposte o contributi è sempre contestabile. La scelta è facoltativa ed è comunque poi possibile impugnare la cartella
Avvisi per irregolarità dichiarative più “bonari” del solito. È l’effetto dell’articolo 5 del decreto sostegni 41/2021, che – nel rispetto dei limiti comunitari del “quadro temporaneo” legato al Covid-19 – consente ai soggetti con partita Iva attiva al 23 marzo scorso, e che hanno subìto una riduzione «maggiore del 30%» del volume d’affari 2020 rispetto a quello del 2019, la possibilità di definire senza sanzioni o somme aggiuntive gli importi richiesti a fronte dei controlli automatizzati delle dichiarazioni.
L’agevolazione
In pratica, per gli “avvisi bonari” emergenti da dichiarazioni dei redditi e dell’Iva (in base agli articoli 36-bis del Dpr 600/1973 e 54-bis del Dpr 633/1972) relativi ai periodi d’imposta 2017 e 2018, non inviati al contribuente ex articolo 157 del Dl Rilancio 34/20, quanto dovuto (se versato nei termini ordinari) riguarda imposte, interessi e contributi previdenziali. Premesso che è atteso il “solito” provvedimento di attuazione, in sintesi si comprende che:
il contribuente riceverà dall’Agenzia (con Pec o raccomandata a/r), assieme alla comunicazione, anche la proposta di definizione con l’importo ridotto;
in caso di mancato pagamento alle scadenze previste, la definizione non produce effetti e verrà attivata la riscossione con aggravio delle sanzioni ordinariamente applicabili (per le cartelle sono state approvate deroghe dei termini di decadenza delle notifiche);
non sono comprese le comunicazioni diverse: ad esempio, quelle derivanti dal mero controllo formale dei modelli dichiarativi di cui all’articolo 36-ter Dpr 600/1973.
L’impugnabilità
Ma cosa succede se la comunicazione riporta una richiesta di imposte o contributi che per il contribuente non sono dovuti? Il comportamento più logico è contattare l’ufficio per far rilevare l’errore e ottenere una comunicazione di regolarità della dichiarazione.
Alcune volte, però, il problema non si risolve: ad esempio quando si tratta di una dichiarazione in cui il contribuente ha usato un credito derivante da un precedente modello che l’ufficio considera omesso, oppure ci si confronta sulla validità di una dichiarazione integrativa.
In questo caso, l’avviso bonario è un atto impugnabile? Le Entrate sostengono di no (risoluzione 110/E/2010 e comunicato stampa del 23 maggio 2012), trattandosi di un semplice invito e non di una pretesa impositiva definitiva.
La Cassazione ha invece un orientamento, oramai consolidato (nonostante alcuni precedenti che paiono superati: sentenze 16293/2007 e 16428/2007). Le comunicazioni di irregolarità – anche quelle “da 36-ter” (si vedano anche le schede in coda) – costituiscono per la Corte atti impugnabili, per quanto non citati all’articolo 19 del Dlgs 546/92, poiché portano a conoscenza del destinatario una pretesa già formata nell’an e nel quantum.
Sempre per la Corte, comunque, si tratta di un’impugnazione facoltativa che, ove non esercitata, non “cristallizza” la pretesa tributaria (sentenza 2616/2015 e varie altre riguardanti atti non “tipicamente” impugnabili, come le risposte agli interpelli), per cui resta aperta, senza alcuna limitazione, la possibilità di impugnare la successiva cartella. Sembra prevalere, inoltre, la tesi che anche la rateazione dell’avviso non precluda la successiva impugnazione (sentenza 3347/2017).
Va tuttavia osservato che, nella pratica, in questo modo si va incontro a due giudizi (e a un raddoppio di costi, anche per il contributo unificato), peraltro con il rischio di giudicati non coerenti tra loro. Né il legislatore, né la giurisprudenza di legittimità, infatti, hanno finora disciplinato in modo razionale questa situazione.
I CASI RISOLTI
Il preavviso di irregolarità
Una società ha ricevuto un preavviso di irregolarità, in base all'articolo 36-bis, comma 3, del Dpr 600/1973, per un presunto omesso versamento Irap che in realtà è stato versato in ritardo con ravvedimento operoso. Quest'atto dell'amministrazione finanziaria è impugnabile in Commissione tributaria? In caso sia possibile, ci sono aspetti negativi?
La soluzione
Il preavviso (che porta a conoscenza del contribuente una pretesa impositiva compiuta) è impugnabile dinanzi al giudice tributario, anche se non compreso nell'elenco degli atti espressamente impugnabili ex articolo 19 del Dlgs 546/92 (in tal senso, le pronunce di Cassazione 3466/21, 22536/20, 632/20, 3488/18, 3315/16 e 7344/12). È però probabile che venga poi emessa la cartella di pagamento, che andrà a sua volta impugnata nei termini, instaurando un doppio giudizio (e un doppio pagamento del contributo unificato).
Avviso e cartella: il doppio giudizio
Il contribuente ha impugnato l'avviso di irregolarità e, successivamente, anche la cartella emessa nelle more del primo contenzioso. Come proseguono i due giudizi?
La soluzione
Su questo caso specifico, in giurisprudenza non c'è uniformità. Alcune pronunce di Cassazione (4758/2018 e 7344/2012) sembrano propendere per la caducazione d'ufficio del primo contenzioso, poiché la cartella integrerebbe una pretesa nuova (e incompatibile) rispetto alla precedente. Altre pronunce (Ctp Reggio Emilia n. 167/02/2020) sembrano, invece, restringere l'esame del secondo giudizio ai soli vizi propri della cartella.
La comunicazione di irregolarità «36-ter»
Una società ha ricevuto una comunicazione di irregolarità in base all'articolo 36-ter, comma 4, Dpr 600/1973 per un presunto errore nel calcolo dell'Ires a seguito del controllo formale della dichiarazione. Quest'atto dell'amministrazione finanziaria è impugnabile in Commissione tributaria?
La soluzione
Anche la comunicazione di irregolarità ex articolo 36-ter, portando a conoscenza del contribuente una pretesa impositiva compiuta, è impugnabile dinanzi al giudice tributario.E ciò anche se si tratta di un atto non compreso nell'elenco di quelli espressamente impugnabili di cui all'articolo 19 del Dlgs 546/92. In tal senso si vedano le pronunce di Cassazione 1505/2017 e 15957/2015.