Diritto

Bancarotta fraudolenta, decisivo dimostrare i vantaggi compensativi per la danneggiata

La Cassazione, con la sentenza 16294/2023, ha affermato che, in caso di bancarotta fraudolenta, per escludere la natura distrattiva di un'operazione di trasferimento di somme da una società a un'altra, l'interessato deve dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni compiute nell'interesse di un gruppo

di Alessandro De Nicola

La teoria dei vantaggi compensativi è stata una delle dottrine giuridiche più fortunate del secondo dopoguerra. Essa è stata elaborata negli anni '90 da un giurista dell'Università di Torino, Paolo Montalenti, e solo pochi anni dopo ha trovato spazio nell'ambito della riforma del diritto societario.

La teoria parte dalla constatazione che nonostante gli amministratori, cui spetta la gestione della società, abbiano il dovere di agire nel suo esclusivo interesse, nei gruppi di impresa la realtà è un po' diversa. In effetti, la capogruppo esercita un'attività di direzione e coordinamento grazie alla quale alcune delle società controllate potrebbero subire delle perdite o vedersi applicate delle condizioni svantaggiose proprio in un'ottica di gruppo.

Se il problema è agevolmente superabile quando la società-madre ha il 100% della società-figlia, non altrettanto si può dire quando nella controllata vi sono anche azionisti di minoranza che subiscono danni derivanti dalle direttive della capogruppo.

Come trovare un punto di equilibrio tra queste due esigenze? Ecco che interviene la nostra dottrina, riflessa nell'articolo 2497 del Codice civile, novellato nel 2004, il quale prevede che la società che esercitando la direzione e il coordinamento provoca danni a una controllata è responsabile nei confronti dei soci (di minoranza) di quest'ultima per la «lesione cagionata al patrimonio della società». Tuttavia, non vi è responsabilità quando il danno risulta mancante «alla luce del risultato complessivo dell'attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette».

In altre parole, se l'appartenenza al gruppo ha dei vantaggi (compensativi) tali da bilanciare il danno inflitto, si evita la responsabilità. In ambito penale, poi, è l'articolo 2634 del Codice che specifica: «in ogni caso non è ingiusto il profitto della società collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo».

Il concetto è chiaro ma ampio, un po' difficile da trasfondere nelle fattispecie concrete: come si può calcolare esattamente il vantaggio ricevuto dalla società controllata?

Giunge a questo proposito dalla giurisprudenza penale un approccio piuttosto restrittivo.

La Corte di cassazione, con la sentenza 16294/2023, ha affermato che, in caso di bancarotta fraudolenta, per escludere la natura distrattiva di un'operazione di trasferimento di somme da una società a un'altra «non è sufficiente allegare la partecipazione della società depauperata e di quella beneficiaria ad un medesimo “gruppo”, dovendo invece l'interessato dimostrare, in maniera specifica, il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell'interesse di un gruppo ovvero la concreta e fondata prevedibilità di vantaggi compensativi per la società apparentemente danneggiata».

L'onere della prova ricade sul beneficiario dell'operazione infragruppo. Né si può dire che questa linea interpretativa sia nuova.

La Cassazione ha ritenuto già in passato che a causa della diversità degli interessi tutelati dalla legge penale fallimentare non si applichi l'articolo 2634 del Codice civile che parla di vantaggi in termini generali ma sia necessario dimostrare il concreto beneficio compensativo ritratto dalla società che subisce il depauperamento in favore degli interessi complessivi del gruppo societario.

Questo è un punto molto importante. Difatti, se l'esimente del vantaggio compensativo è trattata in modo diverso dalla norma civilistica, da quella penale codicistica e da quella penale fallimentare, è ovvio che l'amministratore prudente sceglierà l'approccio più cautelativo per sé: ogni operazione infragruppo che porti un qualche vantaggio a una collegata o alla controllante dovrà essere assistita da una immediata contropartita.

Ma questa soluzione non è razionale economicamente. Il legislatore ha introdotto la teoria dei vantaggi compensativi proprio perché riteneva che uno sguardo complessivo al gruppo fosse più efficiente e portasse a un aumento del benessere sociale. Se invece tale scopo viene soffocato dalla minaccia penale, ecco che l'ordinamento non solo presenta una contraddizione ma non raggiunge i suoi scopi di efficienza.

Se il legislatore intervenisse per ridare coerenza alla materia non sarebbe tempo sprecato.

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