Bond convertibili, fair value aggiornato per il sottoscrittore
«Gli strumenti finanziari derivati, anche se incorporati in altri strumenti finanziari, sono iscritti al fair value». È una delle principali modifiche introdotte all’articolo 2426 del Codice civile dal Dlgs 139/2015. L’Oic 32 prevede che, al momento di emissione/sottoscrizione iniziale dello strumento che incorpora un derivato, il valore complessivo del contratto sia suddiviso nelle sue due componenti (contratto primario e derivato incorporato) e che – successivamente – le stesse vengano valutate in maniera autonoma secondo le proprie regole contabili. Che, nel caso dei derivati speculativi, prevedono la rilevazione al fair value a ogni chiusura di esercizio, con variazione a conto economico.
Nel caso delle obbligazioni convertibili, costituite da un contratto primario (debito per l’emittente e titolo di debito per il sottoscrittore) e da un’opzione (derivato incorporato), la situazione non è così pacifica. Infatti, se il contratto primario viene successivamente valutato secondo il criterio del costo ammortizzato, qualche dubbio sorge per l’opzione.
L’Oic 32 precisa che l’emittente iscrive inizialmente il valore dello strumento in una riserva di patrimonio netto, non soggetta a valutazioni successive. Il principio contabile però nulla prevede di specifico per quanto riguarda il sottoscrittore.
Ci sono perciò due possibili scenari, che vengono oggi usati nella pratica: applicare al sottoscrittore, per analogia, le stesse regole previste per l’emittente; oppure applicare le regole generali previste per i derivati.
Il Cndcec, unitamente alla Fondazione nazionale dei commercialisti, ha emanato nell’aprile 2018 il documento di ricerca «La fiscalità delle imprese Oic adopter (III versione)», in cui si dice che lo strumento derivato «non è soggetto né per l’emittente, né per il sottoscrittore ad alcuna valutazione successiva».
Lo stesso documento, tuttavia, non indica la ragione di tale conclusione. Uno dei motivi potrebbe essere individuato nel fatto che i derivati aventi a oggetto le azioni proprie della società sono esclusi dall’applicazione dell’Oic 32. Va detto, però, che tale esclusione non appare applicabile anche al sottoscrittore.
Considerata in ogni caso l’importanza dell’informazione relativa al fair value di tali strumenti, l’Oic ha introdotto, con gli emendamenti del 28 gennaio 2019, una modifica nell’Oic 28 (Patrimonio netto), secondo cui occorre indicare in nota integrativa il fair value dei derivati aventi a oggetto azioni della società, mitigando almeno in parte, attraverso l’informativa in nota, la mancata rilevazione in bilancio. Nessuna indicazione – anche qui – è stata fornita sul trattamento contabile da adottarsi in capo al sottoscrittore del derivato (incorporato nel titolo di debito).
Si potrebbe pensare, allora, di fare ricorso ai principi contabili internazionali, e nello specifico all’Ifrs 9 (Strumenti finanziari), per i sottoscrittori di strumenti ibridi. L’Ifrs 9 non prevede lo scorporo delle opzioni di conversione incluse nelle obbligazioni convertibili, ma richiede che l’intero strumento ibrido sia valutato secondo le regole generali previste per le attività finanziarie, le quali prevedono differenti metodi (costo ammortizzato, fair value rilevato nelle altre componenti di conto economico complessivo o fair value rilevato nell’utile/perdita di esercizio). In base alle proprie caratteristiche, l’obbligazione convertibile viene valutata unitariamente al fair value rilevato nell’utile/perdita di esercizio. Pertanto, sia la variazione di fair value del titolo di debito, sia la variazione di fair value dello strumento finanziario derivato vengono imputati (congiuntamente) a conto economico, come accade per i derivati contabilizzati secondo gli Oic.
Tutto ciò considerato, sembrerebbe più corretto, per il sottoscrittore di un’obbligazione convertibile, valutare a ogni data di riferimento del bilancio il fair value dell’opzione di conversione incorporata, e imputare la variazione di valore rispetto all’esercizio precedente a conto economico, come per qualsiasi altro derivato speculativo.
In attesa di una parola definitiva da parte dell’Oic, tale ultima scelta appare più coerente anche sotto il profilo tributario. Infatti, in base all’articolo 112, comma 2, del Tuir «alla formazione del reddito concorrono i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione degli strumenti finanziari derivati alla chiusura dell’esercizio», disposizione che – di fatto – ha previsto il superamento del doppio binario tra normativa civilistica e fiscale.
Pertanto, la mancata valutazione del derivato implicito potrebbe sollevare una contestazione da parte delle Entrate. Si pensi ad esempio al caso di un prestito obbligazionario convertibile emesso da una società, il cui valore cresca nel corso degli anni e che consenta – all’atto della conversione – di sottoscrivere azioni dell’emittente a un valore inferiore al loro effettivo fair value (in virtù del rapporto di cambio determinato in origine). L’iscrizione della rivalutazione del derivato embedded, conseguente all’incremento di valore del sottostante (il valore della società) comporta la rilevazione di componenti positive di reddito fiscalmente rilevanti. Altrettanto, una riduzione del valore del sottostante determina l’iscrizione di componenti negative, anch’esse fiscalmente rilevanti.