Il CommentoImposte

Cassazione o Agenzia? Sul reddito delle Stp decide sempre la legge

Dopo la pronuncia 7407/2021 della Cassazione ci sono imprese che hanno pagato le Stp applicando la ritenuta

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

Le conseguenze forse più preoccupanti della pronuncia della Cassazione (7407/2021) sulla natura del reddito delle Stp derivano dall’interrogativo, sentito da più parti: «Ora chi dobbiamo seguire: le Entrate o la Cassazione»?

Ci sono imprese che hanno addirittura già comunicato alla Stp che non pagheranno l’intero importo della prestazione, ma quello al netto della ritenuta, che provvederanno a versare. Altre imprese hanno invece richiesto (inutili) attestazioni di discarico di responsabilità.

Riassumiamo la vicenda: la Cassazione ha stabilito che per le Stp costituite sotto forma di società commerciali va verificato caso per caso se il reddito prodotto debba essere qualificato d’impresa o di lavoro autonomo (con conseguenti riflessi ai fini dell’applicazione della ritenuta d’acconto). Il discrimine sarebbe dato dalla presenza di una sorta di dominio del profilo organizzativo rispetto al lavoro professionale, in assenza del quale si determinerebbe l’assoggettamento alle regole del reddito di lavoro autonomo, anziché del reddito d’impresa.

In pratica, si dovrebbero mutuare i principi dell’Irap sull’autonoma organizzazione. Già questo solleva molte perplessità, considerato che, da sempre, l’Irap è un’imposta che – nonostante sia stata “salvata” dalla Consulta – colpisce un presupposto, quello del dominio sui fattori della produzione, che suscita forti dubbi. E poi, non è la stessa Cassazione ad aver stabilito in svariate pronunce che l’Irap deve essere comunque pagata dalle associazioni professionali, quindi guardando l’etichetta soggettiva? Sicché non si comprende perché, per le Stp, si dovrebbe fare una verifica caso per caso, come dice ora la Corte, dell’elemento oggettivo relativo all’attività in concreto svolta.

Peraltro, è davvero singolare che la stessa pronuncia 7407 affermi (6.3.1) la prevalenza della normativa civilistica su quella fiscale, nelle ipotesi in cui quest’ultima non disciplini espressamente la fattispecie, quando si è quasi giornalmente in presenza di pronunce della Corte che stabiliscono la possibilità di riqualificare sotto il profilo fiscale operazioni perfettamente valide ed efficaci.

Perciò, quanto al quesito iniziale su a chi credere tra la Cassazione e l’Agenzia (che ha sempre affermato la rilevanza del reddito d’impresa per le Stp), occorre rispondere: alle norme di legge! Queste ultime (articoli 6 e 81 del Tuir) stabiliscono per presunzione assoluta che il reddito delle società di persone e di capitali (e quindi anche delle Stp così costituite) è reddito d’impresa.

Peraltro, proprio il fatto che le Stp debbano – necessariamente – dichiarare un reddito d’impresa ha determinato le problematiche riguardanti le operazioni di aggregazione professionale. Si ricorda, in particolare, che secondo la prassi delle Entrate (risposta interpello 107/2018) la trasformazione da studio associato a Stp risulterebbe tassata come conferimento. L’Agenzia, non rinvenendo alcuna disposizione che sancisca la neutralità di tale operazione, ritiene applicabile il comma 2 dell’articolo 171 del Tuir, il quale disciplina la cosiddetta “trasformazione eterogenea” da ente non commerciale a società soggetta all’Ires. Tale trasformazione viene considerata ipotesi realizzativa quale conferimento. Così, parimenti, la “conversione” dell’associazione professionale in Stp è stata considerata conferimento, comportandone la tassazione in base agli articoli 9 e 54 del Tuir.

Occorre tuttavia rilevare che tale approdo non risulta affatto corretto. In primo luogo, va considerato che l’articolo 171, comma 2, trova applicazione per i beni non d’impresa, in quanto la tassazione riguarda quell’ente che “trasforma” beni non d’impresa (cioè “beni privati”) in beni d’impresa. E tale principio non può, evidentemente, trovare applicazione per beni che fanno già parte di un processo economico (quello di lavoro autonomo) che vengono veicolati in un altro (quello d’impresa, posto che, come si è visto, il reddito delle Stp è un reddito d’impresa).

Occorre, ulteriormente, considerare la “intima connessione” tra l’articolo 171, comma 2, del Tuir e la lettera n) dell’articolo 67 dello stesso Tuir, che vuole significare che la tassazione della trasformazione come conferimento si configura solo se ricorrono le condizioni per la realizzazione di un reddito diverso di cui all’articolo 67 Tuir. Condizioni che non possono certo avverarsi quando i redditi vengono conseguiti nell’esercizio di una professione.

In sostanza, vi sono molteplici ragioni per sostenere la neutralità fiscale della trasformazione di uno studio associato in Stp, considerando che il passaggio da un regime di determinazione del reddito per cassa a un regime per competenza può tranquillamente essere gestito, per evitare salti d’imposta, con le regole indicate nella circolare 11/E/2017. Anche se, per evitare contestazioni del Fisco, è auspicabile un esplicito intervento normativo.