Compensi amministratori, la delibera non basta a evitare le contestazioni del Fisco
L’agevolazione può essere comunque negata se le retribuzioni risultano sproporzionate
Tenuto conto dell’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, i compensi degli amministratori vanno determinati con una preventiva delibera assembleare. Tuttavia, non è possibile non evidenziare come in alcuni casi anche la presenza della delibera non sia sufficiente a mettere al riparo il contribuente da eventuali contestazioni da parte dell’agenzia delle Entrate. I compensi, infatti, potrebbero essere considerati indeducibili qualora appaiano sproporzionati e non inerenti rispetto all’effettiva attività svolta dagli amministratori per conto della società.
Le indicazioni dei giudici
Negli anni si sono susseguiti orientamenti giurisprudenziali opposti. In base ad alcune sentenze della Corte di cassazione (28595/2008, 21155/2005 e 6599/2002) sembrava lecito ritenere che l’Agenzia non avesse il potere di sindacare i compensi degli amministratori una volta che questi fossero stati appositamente deliberati. Ma poi hanno fatto seguito altre pronunce di Cassazione di segno contrario (25572/2013, 3243/2013 e 21169/2008), nonché un espresso orientamento dell’Entrate (risoluzione 113/E/2012), in base al quale resta fermo che, in sede di controllo, il Fisco può disconoscere totalmente o parzialmente la deducibilità dei compensi degli amministratori in tutti i casi in cui questi risultino sproporzionati o strumentali a ottenere indebiti vantaggi fiscali.
Da ultimo, in questo senso, vanno segnalate le sentenze 31607 e 33217 del 2018, secondo le quali gli uffici hanno la possibilità di verificare l’attendibilità economica dei compensi in oggetto non pregiudicando alcun vincolo l’importo stanziato a conto economico mediante delibera assembleare. In sostanza, secondo questo orientamento, verrebbe riconosciuta agli uffici la possibilità di disconoscere i compensi erogati, perché ad esempio sproporzionati rispetto all’oggetto sociale e ai ricavi della società.
Le holding di famiglia
Tenuto conto di queste precisazioni, risulta evidente come si debba prestare molta attenzione nella determinazione dei compensi degli amministratori in funzione delle mansioni da loro svolte. Prendiamo, ad esempio, un gruppo strutturato attraverso la tipica holding di famiglia, che detiene partecipazioni e immobili e loca alle partecipate gli immobili strumentali all’esercizio d’impresa.
In genere, la capogruppo evidenzia in bilancio componenti positivi di reddito derivanti esclusivamente dalla locazione degli immobili e dagli eventuali dividendi ricevuti dalle controllate. In una situazione di questo tipo, per evitare contestazioni di sproporzionalità dei compensi/inerenza degli stessi rispetto all’oggetto sociale, risulterebbe sicuramente utile:
Odettagliare in modo specifico i poteri in capo agli amministratori;
Opredisporre dei contratti infragruppo mediante i quali riaddebitare (con corretto mark up) il costo degli amministratori per l’attività svolta da questi ultimi per il gruppo. A titolo esemplificativo, per l’attività di coordinamento amministrativa, finanziaria, It e del personale.