Diritto

Concordato con continuità se l’attestazione è esaustiva

La Corte di appello di Venezia boccia il preventivo se manca un’informazione «piena». Stop alla proposta di prosecuzione basata solo sulla gestione del patrimonio

di Giovanbattista Tona

La Corte di appello di Venezia delimita con più rigore i presupposti di fattibilità del concordato preventivo con continuità aziendale. Con due sentenze depositate il 5 luglio scorso i giudici veneti chiariscono infatti che la mera gestione di un patrimonio non permette di ricorrere al concordato con continuità che resta escluso anche quando l’attestazione è poco chiara o incompleta .

Carenza informativa
La Corte veneta ritiene decisiva la corretta predisposizione dell’attestazione in termini di completezza dei dati e comprensibilità dei criteri di giudizio e ribadisce quanto aveva già affermato in una sua precedente decisione del 22 agosto 2020: il proponente deve offrire un’esposizione esauriente delle vicende della società, delle cause del dissesto e della condotta degli amministratori e non deve selezionare i fatti da comunicare e sostituirsi alle valutazioni dei creditori.In sintonia con i più recenti pronunciamenti della Cassazione (come la sentenza 5825 del 2018 o l’ordinanza 21190 del 2021), si afferma che la carenza informativa incide sulla valutazione della fattibilità giuridica e sulla possibilità per i creditori di valutare la convenienza del piano. Inoltre se dalle vicende della società possono emergere profili di responsabilità degli amministratori da far valere, con azione di risarcimento danni, e se non sono sufficientemente verificati i dati che possono consentire di attivare eventuali azioni revocatorie, la proposta di prosecuzione non potrà consentire una valutazione attendibile.Sulla stessa linea la sentenza n. 1892, con la quale i giudici di Venezia hanno ritenuto insufficiente un’attestazione che si limitava a descrivere il piano economico finanziario predisposto dalla società che avrebbe preso in affitto un ramo d’azienda dell’impresa proponente il concordato preventivo.

Si trattava di un’impresa che versava in una situazione di crisi, legata a fattori generali di mercato e alla propria debolezza finanziaria, da ritenersi di carattere strutturale e non congiunturale.Il piano concordatario proponeva il superamento della crisi mediante una ristrutturazione aziendale e la sostanziale continuazione dell’attività, sebbene a mezzo di altra società affittuaria, ma gli elementi di discontinuità venivano indicati in maniera del tutto generica e indeterminata. Sicchè la possibilità che la prosecuzione generasse utili da destinare anche al soddisfacimento dei creditori concorsuali veniva considerata implausibile dalla Corte di appello.È un caso in cui l’insufficienza dei contenuti dell’attestazione ha comportato la manifesta inattitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati e, come ha anche affermato la Cassazione nell’ordinanza 11216 del 2021, un giudizio negativo sulla fattibilità economica della proposta di concordato.

Gestione del patrimonio
Con la decisione n. 619 i giudici lagunari affermano che non tutte le società soggette a fallimento possono essere ammesse a concordato con continuità. E infatti, come ha precisato di recente Cassazione 3026 del 2020, le società costituite secondo le forme previste dal Codice civile ed aventi ad oggetto un’attività commerciale acquistano la qualità di imprenditore dal momento della costituzione e a prescindere dal fatto che abbiano effettivamente iniziato l’esercizio concreto dell’attività indicata nello statuto. Per questo sono assoggettabili a fallimento anche le società che si limitino a gestire immobili, dandoli in locazione e adempiendo agli obblighi ordinari del locatore, sebbene questa attività non possa qualificarsi in concreto come commerciale.Tuttavia una proposta di prosecuzione che preveda lo svolgimento dell’attività non commerciale in concreto svolta dalla società, che formalmente ha la qualità di imprenditore, rende il concordato inammissibile. Ai sensi dell’articolo 186bis della legge fallimentare, la continuità aziendale deve prevedere l’esercizio diretto o indiretto di un’impresa con scopo lucrativo e non la mera gestione di un patrimonio comune con scopo di godimento, con la sua manutenzione e la riscossione di canoni di locazione.

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