Connessione dubbia per i diritti d’autore dei professionisti
Con la nuova colonna nel modello Redditi si completa il quadro dell’agenzia delle Entrate
La comparsa di una nuova colonna nel modello Redditi, parte 3, per i diritti d’autore «correlati allo svolgimento dell’attività» dei contribuenti forfetari ha completato la presa di posizione dell’agenzia delle Entrate su questo argomento.
La circolare 9/E
Il primo chiarimento era venuto con la circolare 9/E del 10 aprile 2019, in cui si affermava che ai fini della verifica del limite di 65mila euro l’attrazione dei diritti nei corrispettivi dell’attività esercitata opera «solo se, sulla base di un esame degli specifici fatti e circostanze, gli stessi non sarebbero stati conseguiti in assenza dello svolgimento dell’attività di lavoro autonomo».
Questo criterio, se assunto come un elemento normativo, cioè generale e astratto, suscita non poche perplessità, in quanto se l’attrazione deriva da una sorta di estensione dell’attività svolta, dovrebbe essere valido qualunque essa sia.
I percettori
Andiamo a vedere chi sono i maggiori percettori di diritti d’autore. Parliamo dei professori universitari che scrivono testi, manuali, relazioni, studi, articoli. Non pochi editori di libri e riviste accettano contributi solo da parte di questi docenti. In altri termini torniamo alla nozione data dall’amministrazione finanziaria, secondo cui non potrebbero percepire questi compensi in assenza della loro attività, che nella specie non è di lavoro autonomo, ma dipendente.
E se, una volta andati in pensione, aprissero la partita Iva, dovremmo dire che i diritti d’autore, che non erano mai stati attratti nell’imponibile del lavoro dipendente, cambiano qualifica perché l’attività è diventata di lavoro autonomo?
Che questa regola non possa essere generalizzata, altrimenti sarebbe di difficile se non impossibile interpretazione, lo si vede analizzando la risposta ad interpello numero 517 del 12 dicembre 2019. Il caso è molto chiaro: i prestatori di servizi nei confronti di un unico committente percepiscono dallo stesso soggetto anche diritti d’autore, stipulando contratti denominati «per prestazioni miste». Il caso concreto era esemplificato nel quesito, ma la risposta pubblicata indicare solo dei puntini e quindi non sappiamo a cosa si riferisca la collaborazione «artistica/professionale» oggetto del quesito.
I corsi di formazione
Possiamo comunque individuare almeno un altro caso in cui ha un senso applicare questa regola, con unico committente della prestazione professionale e della cessione delle opere dell’ingegno, remunerata con i diritti d’autore. Pensiamo ai corsi di formazione, oggi così diffusi con gli obblighi relativi ai professionisti. Il docente svolge sicuramente una prestazione mista, in quanto scrive la dispensa (che può essere remunerata a titolo di diritto d’autore, se il diritto viene ceduto e sfruttato dal committente) e si reca in aula e/o esamina i partecipanti, ponendo in essere una prestazione d’opera.
In questi casi è ricorrente la scomposizione del compenso complessivo tra le due componenti reddituali, secondo criteri che – al di fuori del regime forfetario – potrebbero dare luogo ad abusi, in quanto i diritti d’autore beneficiano dell’abbattimento del 25%, mentre la prestazione di lavoro autonomo, di regola con i costi di trasferta a carico dell’organizzatore del corso, sarebbero tassati per intero.