Controlli e liti

Così la rettifica estesa del Fisco tradisce il legittimo affidamento

Il potere di accertamento si estende su tutte le quote annuali dell’ammortamento prolungato

di Dario Deotto

Nel 2076 (ma forse anche dopo, dipende da quelli che risulteranno i termini decadenziali) potranno essere rettificati i valori dei marchi e dell’avviamento rivalutati o riallineati nel 2020.

È questo (anche) l’effetto che deriva dall’allungamento a 50 anni della deduzione previsto dal Ddl di Bilancio 2022, se si considera quella sorta di “immortalità rettificativa tributaria” conseguente alla sentenza della Cassazione a Sezioni unite 8500/2021 sui termini di accertamento dei componenti reddituali pluriennali. Secondo la Corte, «la definitività, in conseguenza del mancato accertamento della dichiarazione di prima emersione del componente pluriennale, non porta in sé il diverso effetto della preclusività di sindacato per un periodo d’imposta successivo». La Cassazione legittima il Fisco a rettificare, ad esempio, la quota annuale degli ammortamenti dei beni strumentali anche se questi ultimi sono stati indicati per la prima volta in dichiarazione in periodi per i quali, al momento della rettifica, i termini decadenziali risultano oramai spirati.

Accertamento «variabile»

In pratica, secondo la Corte, la decadenza della potestà di accertamento dei componenti di reddito pluriennali va vista con riferimento al termine per la rettifica della dichiarazione in cui il singolo “rateo” del componente reddituale è stato indicato e non in relazione al periodo d’imposta in cui il componente è stato riportato per la prima volta. Ed è quello che potrà accadere, dunque, anche per marchi e avviamento rivalutati e riallineati la cui deduzione si vorrebbe oggi stabilire in 50 anni: nel 2073, ad esempio, il Fisco potrà contestare il rateo dedotto nel 2068 in relazione al valore rivalutato nel 2020.

Va ricordato che la Cassazione ha ulteriormente stabilito che il contribuente, nel caso dei componenti di reddito pluriennali, non verrebbe sottoposto a un potere di controllo per un tempo indeterminato, posto che tutte le volte che il “rateo” viene riportato in dichiarazione ne vengono richiamati e riutilizzati tutti i presupposti costitutivi. Inoltre, per la Corte, l’obbligo di conservazione delle scritture contabili non si verificherebbe sine die, considerato che tale obbligo è comunque “servente” rispetto al termine di decadenza degli accertamenti che, quindi, risulta quello del termine di rettifica della dichiarazione in cui viene fatto valere l’ultimo rateo della spesa pluriennale.

Fin qui tali conclusioni si potrebbero anche condividere. Ma quello che non si può accettare è la chiara lesione del principio dell’affidamento nel caso dell’allungamento del periodo di deduzione per marchi e avviamento e il tentativo – tutto giurisprudenziale – di fare comprendere tra i «componenti reddituali pluriennali» poste che non lo sono affatto, come le perdite riportabili o la restituzione dei finanziamenti soci.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©