Imposte

Credito ricerca e sviluppo, doppio criterio per la territorialità

di Stefano Mazzocchi

Cambia la territorialità del nuovo credito d’imposta per ricerca e sviluppo. Per comprendere appieno questa considerazione, occorre partire da una considerazione di fondo: la normativa – introdotta dalla legge di Bilancio 2020 - reintroduce la ricerca «extra muros» che nella precedente versione era stata di fatto ridotta in alcuni casi (specie nella ricerca infra gruppo). In linea generale, la normativa detta regole specifiche per ogni voce di spesa che concorre a determinare la base imponibile per il credito d’imposta. I criteri territoriali adottati dal legislatore sono sostanzialmente due: sotto un primo profilo, si tratta di una territorialità “fisica”, ricollegabile al luogo di svolgimento geografico dell’attività di ricerca e sviluppo (legata alla ricerca intra muros), mentre si riscontra anche una territorialità “giuridica”, connessa esclusivamente alla residenza fiscale di chi commissiona o del prestatore.

La territorialità incide in modo considerevole non solo sulla stessa ammissibilità della spesa ma anche per il riconoscimento di un’agevolazione maggiorata, a seconda del luogo dove si intraprenda l’attività di ricerca e sviluppo. Relativamente alla prima voce di spesa - quella del personale - la normativa richiede che le attività siano svolte solo “internamente” all’impresa/committente. In passato, per tale voce il presupposto della territorialità si traduceva nel requisito che il personale fosse impiegato “direttamente” nelle attività di ricerca e sviluppo, non richiedendo alcuna connessione territoriale. Nell’attuale versione, inoltre, è prevista una maggiorazione dell’agevolazione per la spesa riferita al personale under 35, a condizione che tali risorse umane siano «impiegate in laboratori e altre strutture di ricerca situate nel territorio italiano».

Relativamente alla ricerca extra muros è necessario, ai fini della territorialità, che i commissionari siano dislocati (ovvero fiscalmente residenti) in Europa (Italia compresa) o in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo e/o ricompresi nell’elenco contenuto nel Dm 4 settembre 1996. Tale requisito è richiesto non solo per la ricerca extra muros ma anche per l’acquisto (anche in licenza d’uso) di privative industriali e per i servizi di consulenza, inerenti all’attività di ricerca e sviluppo.

Restano senza indicazioni territoriali specifiche gli acquisti per materiali, forniture e/o per beni di consumo unitamente alle quote di ammortamento, i canoni di locazione finanziaria e/o semplice e altre voci residuali di investimento (articolo 1, comma 200, lettera b della legge 160/2019): sulla scorta di una lettura organica e sistematica del dettato normativo, si ritiene peraltro che queste voci contribuiscano e siano inerenti alla ricerca intra muros. Tuttavia nell’ambito di tutte le agevolazioni connesse ad Industria 4.0, il presupposto della territorialità è solitamente soddisfatto privilegiando quegli investimenti che siano «destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato».

Se questo è il minimo comune denominatore delle misure incentivanti, per ratio legislativa si dovrebbe ritenere - specie per le voci di spese alla lettera b) del comma 200 dell’articolo 1 della legge 160/2019 - che i beni destinati all’attività di ricerca e sviluppo debbano essere impiegati “preferibilmente” nelle strutture aziendali presenti sul territorio nazionale.

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