Imposte

Crisi d’impresa, transazione confinata ai tributi locali gestiti dalle agenzie fiscali

La falcidia continua a colpire soltanto i crediti erariali

di Giulio Andreani

Il Codice della crisi d’impresa non ha introdotto, purtroppo, alcuna disposizione sul trattamento dei tributi locali nell’ambito del concordato preventivo e dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.

Il trattamento dei crediti tributari è disciplinato dal Codice nell’articolo 63 e nell’articolo 88 che prevedono – analogamente alla legge fallimentare - la possibilità, per l’impresa che si trova in uno stato di crisi o d’insolvenza, di proporre all’ente creditore una riduzione e una dilazione di pagamento dei crediti relativi a «tributi amministrati dalle agenzie fiscali». Tali norme non distinguono dunque tra tributi erariali e locali, ma limitano il loro campo di applicazione a quelli che sono «amministrati dalle agenzie fiscali».

Rientrano pertanto nella transazione fiscale:

1. i tributi erariali, in quanto certamente amministrati dalle agenzie fiscali;

2. i tributi diversi da quelli erariali che, pur essendo di spettanza di altri enti (come comuni e regioni), sono amministrati dalle agenzie fiscali ex lege o sulla base di una convenzione stipulata fra tali enti e le agenzie fiscali (articolo 57 del Dlgs 300/1999).

Sulla base di queste disposizioni, se - come normalmente accade - i tributi locali non sono amministrati da un’agenzia fiscale, secondo alcuni interpreti i crediti relativi a tali imposte non potrebbero essere oggetto di riduzione da parte dei relativi titolari e dovrebbero quindi essere pagati integralmente, fatti salvi gli effetti del concordato preventivo votato con le maggioranze di legge dagli altri creditori.

Questa conclusione contrasta con la ratio e con la lettera delle norme che disciplinano la crisi d’impresa, sia perché, come ha affermato la sezione regionale per il controllo della Toscana della Corte dei conti con la delibera 40/2021 adottata in risposta a un parere richiestole da un comune, i tributi locali risulterebbero più garantiti di quelli erariali, nonostante siano assistiti da un privilegio di grado inferiore e ciò sarebbe assurdo; sia perché una simile interpretazione, imponendo un pagamento non sempre possibile, ostacolerebbe il risanamento delle imprese favorito dalla legge. Inoltre, il fatto che i tributi locali non rientrino nella transazione fiscale non comporta che essi non possano essere oggetto di un accordo di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 57 del Codice, come la sezione toscana della Corte dei conti ha deliberato.

Ci sono, quindi, buoni motivi per falcidiare e dilazionare anche i tributi locali, seppur al di fuori della transazione fiscale, né è a tal fine di ostacolo il principio dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria, che è derogabile con un bilanciamento degli interessi in gioco. Tuttavia, sarebbe meglio che tale conclusione risultasse chiaramente dalla legge.

Ecco perché un’estensione ai tributi locali delle norme degli articoli 63 e 88 che disciplinano la transazione fiscale dei tributi gestiti dalle agenzie fiscali continua a essere opportuna.

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