Diritto

Crisi di impresa, pochi negoziatori con l’esperienza

Dal 2014 sono solo 7mila le procedure che avrebbero permesso di acquisire l’esperienza necessaria

di Giovanni Esposito

Secondo Unioncamere sono quasi 300mila le imprese con elementi di criticità tali da poter accedere alla composizione negoziata. Ipotizzando circa 10mila richieste annue di nomina di esperti indipendenti per avere accesso a questo nuovo istituto, lo stesso sistema camerale, al fine di garantire rotazione e trasparenza, stima un popolamento minimo di 40mila negoziatori indipendenti.

Il mercato è in grado di offrire un tale numero di curricula all’altezza delle aspettative? Per essere inseriti nell’elenco è richiesta una formazione ad hoc e una specifica esperienza (per avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro vi è anche un minimo di 5 anni di iscrizione all’Albo).

Gli ordini professionali e le associazioni di categoria si stanno affannando a organizzare le 55 ore di formazione necessarie, ciò nonostante la capacità di cercare una soluzione e di trattare con i creditori si acquisisce con la conoscenza diretta acquisita dirimendo casi pratici.

Ebbene, guardando le statistiche del ministero della Giustizia sulla ristrutturazione aziendale e la crisi d’impresa, di queste figure non ve ne sarebbe a sufficienza.

Nel periodo 2014-20 sono sopravvenute 106.967 procedure. Eccetto i fallimenti (84.566) e le liquidazioni coatte (1.820), le cui finalità sono quasi esclusivamente liquidatorie, le pubblicazioni statistiche della Banca d’Italia segnalano che solo il 30% dei 17.935 concordati (di cui a sua volta omologato è il 70%) persegue la continuità, diretta indiretta o indiretta, dell’attività d’impresa, cui vanno sommati 2.476 accordi di ristrutturazione e 170 amministrazioni straordinarie o controllate. Di conseguenza le procedure che avrebbero permesso a professionisti e manager di acquisire l’esperienza necessaria per risanare imprese in crisi, sarebbero inferiori alle 7mila nell’intero arco considerato. D’altra parte, la circostanza che ogni procedura usufruisce dei servigi di più professionisti è neutralizzata dall’evidenza che i medesimi asseveratori, commissari e consulenti compaiono in molteplici procedure.

Anche la nomina dell’esperto in capo a una commissione di tre membri da costituirsi presso le camere di commercio non pare essere ispirata ai migliori principi di efficienza ed efficacia. In altri termini il Legislatore nel mostrare indubbia solerzia statuendo, oltre ogni ragionevole dubbio, la gratuità della carica, non si è curato di definire oggettivi requisiti di questi: difatti, fatta eccezione per il primo da designarsi tra i magistrati, delega in maniera laconica le singole designazioni al Presidente del Tribunale dell’impresa, a quello della camera di commercio e al prefetto, come se uno valesse chiunque altro.

Con liste rimpinguate per necessità (si vocifera di un primo popolamento a maglie larghe) il rischio che l’imprenditore in difficoltà si trovi affiancato da un esperto che tale non è, appare dietro l’angolo.

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