Dagli acconti ai ravvedimenti, cambia il calendario fiscale a causa del Covid
Rottamazione e saldo e stralcio decadono se non si pagano le somme previste
Contribuenti e professionisti in preda a continue crisi di nervi a causa delle cosiddette norme di favore emanate a seguito dell'emergenza Covid – 19.
Il Governo continua nella girandola impazzita di proroghe e sospensione dei termini di pagamento delle scadenze fiscali e previdenziali, che rischiano di creare più danni che benefici, anche perché stanno comportando una continua moltiplicazione delle scadenze, difficile da gestire per i contribuenti e per gli stessi enti creditori.
Le norme sono così confusionarie che, anche per i commercialisti e gli altri addetti ai lavori, sta diventando un'impresa quasi impossibile individuare chi è ammesso alla proroga o alla sospensione e quali pagamenti sono sospesi o prorogati.
L’acconto di novembre 2020 al 30 aprile 2021, anche in 4 rate
Una delle novità dell’ultima ora dei cosiddetti decreti Ristori riguarda i contribuenti che potranno anche frazionare i versamenti degli acconti Ires, Irpef e Irap per il 2020, in agenda il 30 novembre 2020, già spostati al 30 aprile 2021.
Questa possibilità riguarda i contribuenti che rientrano nelle seguenti casistiche (sia se soggetti agli indici sintetici di affidabilità fiscale, sia se non soggetti agli Isa):
1. contribuenti con ricavi o compensi non superiori a 50 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente, a condizione che abbiano subìto un calo di fatturato/corrispettivi di almeno il 33% nel primo semestre 2020 rispetto al primo semestre 2019;
2. a prescindere dall’ammontare dei ricavi/compensi del periodo d’imposta precedente, e anche in assenza di calo di fatturato e corrispettivi a favore:
B dei contribuenti con domicilio o sede fiscale in “area rossa” alla data del 26 novembre 2020 con codice Ateco rientrante negli allegati 1 e 2 del cosiddetto decreto “ristori – bis”;
b. degli esercenti attività di servizi di ristorazione in “area rossa” o “area arancione” alla data del 26 novembre 2020.
Questi contribuenti potranno versare il secondo acconto, in scadenza ordinaria al 30 novembre 2020, entro il 30 aprile 2021, ma anche frazionare il versamento in un massimo di 4 rate mensili di pari importo, con versamento della prima rata entro il 30 aprile 2021.
Il rimedio per salvare le rottamazioni e il saldo e stralcio
Al di là delle future proroghe, è indispensabile che il Governo ponga rimedio alla norma che prevede la decadenza dalla rottamazione o dal saldo e stralcio se non si pagano interamente e tempestivamente le somme previste.
La norma va cambiata in modo da consentire il ravvedimento, in caso di pagamenti tardivi, con la riduzione della sanzione del 30% sulle rate non pagate, con l’aggiunta degli interessi legali, così come avviene, ad esempio, nel caso di tardivi od omessi versamenti delle rate successive alla prima per la chiusura delle liti pendenti.
Proroghe confusionarie e insufficienti
È certo che il periodo che si sta attraversando, a causa del coronavirus, è il peggiore dal 1945 e la confusione che si sta creando comporterà nei prossimi anni la moltiplicazione del fenomeno delle cosiddette cartelle pazze.
La frammentazione delle scadenze renderà anche complicato il controllo dell’agenzia delle Entrate e degli altri enti impositori sulla regolarità e tempestività dei versamenti prorogati.
Il rischio è che, come è successo qualche volta nel passato, potrebbero essere “premiati” i contribuenti che non pagheranno, beffando quelli più diligenti che fanno di tutto per onorare i debiti con il Fisco.
Sembra un paradosso, ma l’esperienza non insegna nulla. Dopo ogni evento calamitoso, terremoti, alluvioni, o altre emergenze straordinarie, fanno seguito le liti con il Fisco, che non finiscono mai.
Un esempio in questo senso è quello che riguarda i contribuenti siciliani delle tre province di Catania, Siracusa e Ragusa, colpiti dal sisma del 1990.
Una norma sbagliata consentì di chiudere i conti del triennio 1990 – 1992, pagando al Fisco solo il 10 per cento.
Chi non aveva pagato nulla, risparmiò il 90%, mentre chi aveva fatto il proprio dovere pagando tutto, venne beffato, salvo aprire il contenzioso per ottenere il rimborso di quanto pagato in più, contenzioso che, a distanza di molti anni, coinvolge ancora decine di migliaia di contribuenti.