Adempimenti

Dalle ritenute alle perdite, la Cassazione «riscrive» le istruzioni a Redditi 2019

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di Giorgio Gavelli

Scade oggi, 1° luglio, il termine di versamento per chi non beneficia della proroga al 30 settembre decisa con la conversione del decreto crescita (Dl 34/2019). In un caso e nell’altro, nel completare i calcoli, è bene che i contribuenti (e i loro consulenti) non perdano di vista gli ultimi orientamenti della giurisprudenza di legittimità, che potrebbero influire non poco sul risultato finale. In particolare, in questi ultimi mesi la Suprema corte si è occupata di ritenute subite ma non versate dal sostituto d’imposta e del riporto di perdite “dimenticate” nelle precedenti dichiarazioni.

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Il problema delle ritenute

Iniziando dalle ritenute, negli scorsi anni il vero problema per il soggetto che le subiva (a vario titolo: professionista, agente, dipendente, collaboratore, eccetera) era costituito dall’omesso versamento da parte del sostituto e dalla possibile solidarietà che, in questi casi, poteva scattare rispetto al credito vantato dall’Erario. Come più volte sottolineato anche su queste pagine (si veda il Sole 24 Ore del 16 aprile 2018), secondo un orientamento abbastanza radicato della Cassazione (pronunce 14598 e 12113 del 2017, 12076/2016, 9933/2015), lo scomputo delle ritenute da parte del sostituto era subordinato all’effettivo versamento, perché, in base all’articolo 35 del Dpr 602/1973 e all’articolo 1294 del Codice civile, anche tale soggetto sarebbe originariamente obbligato in solido al pagamento dell’imposta, fermo restando il diritto di regresso verso il sostituto.

Questa posizione era molto criticata in dottrina (si vedano gli studi del Notariato 39/2005/T e 192/2007/T) anche perché finisce, di fatto, per comportare una duplice imposizione in capo al sostituito, il quale non può neppure appurare se il sostituto ha effettivamente adempiuto o meno al versamento della ritenuta. In effetti, l’orientamento restrittivo non era univoco all’interno della Corte, sussistendo pronunce favorevoli al contribuente (13664 e 12991 del 1999 e 8606/1996) anche se più risalenti nel tempo.

La soluzione della Cassazione

Per dirimere il contrasto, l’ordinanza 31742/2018 aveva sottoposto la questione alle Sezioni unite, che si sono espresse con la sentenza 10378 depositata il 12 aprile scorso. In essa la Corte distingue tra sostituzione d’acconto – a cui è applicabile l’articolo 64 del Dpr 600/1973 – e sostituzione a titolo d’imposta, a cui, invece, si applica anche la solidarietà di cui all’articolo 35 del Dpr 602/1973, peraltro nella sola ipotesi in cui le ritenute non siano state operate. Da ciò si ricava il seguente principio di diritto: nel caso in cui il sostituto ometta di versare le somme, per le quali ha però operato le ritenute d’acconto, il sostituito non è tenuto in solido in sede di riscossione. In questi casi (purtroppo assai frequenti nella pratica), l’unico debitore nei confronti dell’amministrazione finanziaria è il sostituto, il quale, peraltro, avendo effettuato la ritenuta dovrebbe disporre della relativa provvista.

Questa conclusione è di importanza fondamentale proprio nel momento in cui si predispone la dichiarazione del sostituito, il quale, in tutti i casi in cui riesca a provare di aver subìto la ritenuta (elemento quanto mai rilevante):

se non è in possesso della certificazione che la legge pone a carico del sostituto (articolo 4, comma 6-ter, Dpr 322/98), può sostituirla con qualunque documento equipollente (sentenze 18910/2018 e 14138/2017) e, comunque, risolvere il problema seguendo i chiarimenti forniti dalla risoluzione 68/E/2009, richiamata anche dalla risposta all’interrogazione parlamentare 5-08069 del 10 marzo 2016 (commissione Finanze della Camera);

se ha il dubbio (o la certezza) che il sostituto non ha versato le ritenute, può comunque scomputarle dall’imposta dovuta a norma dell’articolo 22, comma 1, Tuir, senza temere di essere chiamato a rispondere del debito d’imposta che, in ossequio alla citata sentenza delle Sezioni Unite, grava solo sul sostituto d’imposta.

Un problema in meno, quindi, che evita incertezze e che, peraltro, a favore del contribuente vedeva schierata gran parte della giurisprudenza di merito: tra le tante, Ctr Lombardia 1926/1/2019 (sul Sole 24 Ore del 20 maggio scorso), 6550/49/2016 e 23/49/2016, Ctr Palermo 2047/25/2016, Ctr Piemonte 595/22/2014, Ctr Basilicata 296/2/2014, Ctr Toscana 74/1/2013, Ctr Puglia 112/26/2012. Ora che anche la Cassazione ha assunto questo orientamento, la questione pare davvero risolta, e l’Agenzia dovrebbe invitare gli uffici a cessare eventuali contenziosi ancora pendenti.

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