Controlli e liti

Definizione liti e conciliazione al test della convenienza

Nella conciliazione gli interessi sono dovuti in misura ordinaria. La definizione non consente la restituzione di quanto versato in eccedenza

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

La legge di Bilancio 2023 per chiudere i contenziosi pendenti mette a disposizione dei contribuenti la definizione delle liti e la conciliazione giudiziale speciale. Si tratta di istituti che hanno ambiti di applicazione e modalità attuative differenti.

Ambito di applicazione

La definizione della lite pendente presenta un perimetro più ampio: vi rientrano anche gli atti della riscossione nel caso in cui la controparte sia l'agenzia delle Entrate. La conciliazione speciale, invece, riguarda solo le controversie relative ad atti impositivi, con esclusione quindi delle liti concernenti atti riscossivi e liquidatori. Sono inoltre escluse dalla conciliazione le controversie con l'agenzia delle dogane e con gli enti locali. Sono ancora esclusi i procedimenti già oggetto di sentenza di appello per i quali non sia stato notificato ricorso per cassazione al 1° gennaio 2023. Per tutte queste ipotesi l'unica opzione è la definizione delle liti con la precisazione che per i tributi locali va verificata l'applicazione da parte dell'ente interessato.

Confronto costi

In caso di conciliazione bisogna considerare:

a) la nuova imposta conseguente all'abbattimento;

b) i relativi interessi;

c) le sanzioni minime ridotte a 1/18. Tale importo deve essere confrontato rispetto (secondo il caso) al 100%, 90%, 40% delle sole maggiori imposte senza interessi e sanzioni previsto per la definizione. Da notare che mentre nella definizione tutti gli interessi vengono meno, nella conciliazione sono corrisposti in misura ordinaria e, per periodi di imposta non recenti, raggiungono importi significativi.

Se si considera che le sanzioni ridotte a 1/18 rappresentano almeno il 5% (1/18 del 90%) della nuova imposta conciliata e poi ci sono gli interessi annui, appare verosimile che in caso di sentenza di primo grado favorevole al contribuente normalmente converrà effettuare la definizione della lite. Ben difficilmente infatti l'Ufficio abbatterà la pretesa in misura superiore a circa il 65%/70% (percentuale che consente di eguagliare le somme dovute per la definizione della lite pagando il 40%). Negli altri casi (pendenza del giudizio in primo grado o sentenza sfavorevole al contribuente) sarà rilevante la disponibilità degli uffici ad abbattere gli imponibili. Ad esempio, nei casi di sentenza sfavorevole sarà necessario un abbattimento di almeno il 15-20% dell'iniziale pretesa, altrimenti sommando interessi e sanzioni ridotte si rischia di giungere a un importo superiore al dovuto della definizione (100% delle imposte). Va da sé che, più si tratta di un periodo di imposta remoto, e maggiormente rilevano gli interessi in caso di conciliazione. A ciò va aggiunta la riluttanza degli uffici ad abbattere la pretesa in caso di sentenze di conferma del proprio operato.

Restituzione somme

Si potrebbe verificare che il contribuente sia risultato, da tempo, soccombente in primo grado o vi sia stata un'iscrizione a ruolo straordinario, e che quindi abbia già versato in via provvisoria i 2/3 della pretesa comprese sanzioni e interessi, o addirittura il 100%. In queste (non frequenti) ipotesi la definizione della lite non consente la restituzione di quanto versato in eccedenza rispetto al dovuto per la chiusura. La conciliazione, non impedendo tale restituzione, potrebbe risultare maggiormente conveniente, sempre se l'ufficio sottoscrive l'accordo

Definizione parziale

Altra circostanza da considerare è la conciliazione speciale parziale della controversia preclusa in caso di definizione, proseguendo la lite per la parte di pretesa non definita.

Giudizio in Cassazione

Per i procedimenti con ricorso per cassazione notificato entro l'1 gennaio scorso, è stata prevista la rinuncia al ricorso che, in sostanza, è l'estensione della conciliazione in sede di legittimità. Si contraddistingue tuttavia per il pagamento (in unica soluzione) e l'impossibilità di restituzione di somme versate. Tali circostanze unite al fatto che il contribuente risultato soccombente da tempo in secondo grado ha già versato l'intera pretesa, rendono l'istituto privo di appeal.

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