Imposte

Detrazione Iva penalizzante per le imprese in regime di cassa

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di Raffaele Rizzardi

Le modifiche recate dal Dl 50/2017 ai termini per l’esercizio del diritto di detrazione dell’Iva nascono dall’evidente desiderio di sincronizzare le registrazioni delle fatture emesse con quelle relative alle fatture ricevute. Con il termine triennale della precedente versione del primo comma dell’articolo 19 del Dpr 633/1973 c’era l’evidente rischio di dover gestire un numero indefinito di informazioni dei fornitori in attesa della comunicazione uguale e contraria da parte del cliente. Si tratta comunque di un problema a scadenza: con l’accelerazione che si intende dare all’obbligo di fatturazione elettronica tra titolari di partita Iva il sistema di interscambio procederà nel medesimo istante alla memorizzazione sia della fattura emessa che di quella ricevuta.

In attesa di tale momento sarebbe peraltro il caso – come ha evidenziato Assonime nella circolare 8 del 24 marzo scorso – di limitare la massa di informazioni richieste in questa fase sostanzialmente transitoria, reintroducendo l’esonero per le fatture di importo inferiore a 300 euro, registrate riepilogativamente, oltre all’esclusione del numero spropositato di fatture emesse dalle utilities (elettricità, acqua, gas, telefonia).

Ma, al di là di queste considerazioni, la riduzione dei termini di registrazione delle fatture rende ancor più critico il nuovo regime fiscale delle imprese minori. La circolare 8/E/2017 ha confermato al paragrafo 8.5 una risposta data in occasione di Telefisco, per il caso in cui questi contribuenti optino per il sistema semplificato di considerare i componenti positivi e negativi di reddito come rispettivamente incassati e pagati alla data della registrazione Iva. Il quesito chiede la conferma che le fatture di acquisto possono essere registrate entro il termine della dichiarazione del secondo anno successivo ed è sempre in tale momento che si presumono pagate ai fini della determinazione del reddito.

La risposta concorda sulla conclusione, affermando che «laddove il contribuente registri la fattura di acquisto entro i termini previsti dall’articolo 19 del Dpr 633/1972 per la detrazione dell’imposta attribuitagli in rivalsa, ai fini delle imposte sul reddito tale data di registrazione coinciderà con la presunta data dell’avvenuto pagamento». Quando un quesito sembra troppo facile ed a risposta univoca, il vero problema non è esplicitato, ma deve essere valutato. E nella specie era di tutta evidenza.

La maggiore criticità del nuovo regime di cassa riguarda la possibile anomala successione dei risultati fiscali: il 2017 chiuderà in perdita per quasi tutti i soggetti, che mettono a costo le esistenze iniziali di magazzino e devono ignorare quelle finali. Con il rischio di illogici aggravi fiscali. Immaginiamo che il nuovo regime porti ad una perdita di 30mila euro nel 2017 e ad un reddito di 80mila nel 2018. La perdita non è riportabile e l’anno dopo il contribuente pagherebbe un’imposta lorda di 27.570 euro. In realtà il reddito è di 50mila euro in due anni (80mila meno 30mila), cioè 25mila euro all’anno, cui corrisponde un’imposta annua di 6.150, cioè di 12.300 per i due anni, quindi meno della metà di quella che viene chiesta al contribuente in regime di cassa.

E quindi il quesito sulla registrazione “elastica” delle fatture di acquisto è di tutta evidenza: l’idea sottostante era quella di soprassedere alla registrazione delle fatture di acquisto, per rinviarle all’anno o agli anni successivi, allo scopo di evitare l’insorgere di una perdita non riportabile.

Tra le questioni di cui si attendeva la soluzione con il Dl 50/2017 c’era quella di consentire il riporto delle perdite delle imprese minori. Ma così non è stato, anzi la riduzione del termine per la registrazione delle fatture di acquisto ha aggravato ancor più le criticità di questo regime.

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