Dividendi black list, regime di tassazione da migliorare
L’articolo 1, comma 1009, della legge di Bilancio 2018 (legge n. 2015/2017) introduce nell’articolo 89, comma 3 del Tuir un regime di esclusione parziale dall’imponibile, nella misura del 50%, dei dividendi provenienti da società residenti o localizzate in paesi a fiscalità privilegiata indipendentemente dalla percentuale di partecipazione, a condizione che sia dimostrata, anche mediante interpello, l’esimente di cui alla lettera a) del comma 5 dell’articolo 167 Tuir.
La nuova disciplina non pare costituire un’agevolazione fiscale, non solo in quanto, sotto il profilo semantico, il legislatore ha chiarito che la parziale non concorrenza alla formazione del reddito imponibile avviene attraverso l’istituto dell’esclusione e non quello dell’esenzione, ma più significativamente in quanto tale intervento va ad eliminare una lacuna normativa che poteva generare un trattamento discriminatorio a danno degli investimenti in società operative assoggettati ad una imposizione inferiore alla metà del livello di imposizione gravante sulle società italiane.
Nella maggior parte di casi, infatti, le società in oggetto scontano un’imposizione nel proprio Stato di residenza, nel qual caso l’integrale tassazione in Italia degli utili da esse distribuiti avrebbe determinato una doppia imposizione degli stessi. Tale doppia imposizione, che è sempre eliminata nel caso di investimenti in società residenti in Italia per effetto dell’esclusione recata dal comma 2 dell’articolo 89, poteva determinare una restrizione alla libera circolazione dei capitali, vietata dal Tfue anche con riferimento agli Stati terzi, in tutti i casi in cui tra l’Italia e lo Stato della partecipata esista un accordo che garantisca un adeguato scambio di informazioni (cfr., sentenze C-35/11, Fii group litigation; C-101/05, A).
La modifica apportata dalla legge di Bilancio riduce significativamente la disparità di trattamento in quanto, nel presupposto che il livello impositivo nello Stato estero sia inferiore alla metà di quello vigente in Italia, esenta metà del dividendo percepito al fine di eliminare la doppia imposizione economica. In molti casi, la somma delle imposte estere pagate dalla società distributrice e delle imposte italiane gravanti sul dividendo risulterà inferiore al 24 per cento.
Tale sistema, che privilegia un approccio semplificatorio attraverso una partizione in due macro-categorie degli utili provenienti da paesi a fiscalità privilegiata, non dà luogo d’altra parte ad un’agevolazione a favore degli investimenti in società estere, considerato che di frequente l’imposizione effettiva gravante sulle società residenti in Italia, i cui utili distribuiti beneficiano dell’esclusione da tassazione per il 95%, si attesta su valori ben inferiori al 24% per effetto degli incentivi apprestati dall’ordinamento tributario italiano (patent box, Ace, super e iper-ammortamento, tonnage tax, ecc). In questa ottica, la natura sistematica della disciplina e l’utilizzo espresso del termine “esclusione” dovrebbe consentire, a fronte della tassazione del dividendo al 50%, la piena deducibilità delle spese relative alle partecipazioni , ai sensi dell’articolo 109, comma 5 del Tuir.
Piuttosto, la modifica della disciplina avrebbe giustificato un’eliminazione del regime del credito di imposta indiretto per il soggetto controllante. Tuttavia, il novellato comma 3 dell’articolo 89 ne modifica semplicemente la portata, prevedendo che al soggetto controllante spetti un credito per le imposte assolte dalla società partecipata sugli utili maturati durante il periodo di possesso, in proporzione alla quota imponibile degli utili conseguiti e nei limiti della relativa imposta italiana.
L’applicazione congiunta dell’esclusione parziale e del credito d’imposta indiretto appare asistematica, pur a fronte dell’esigenza di evitare un arbitraggio con il regime Cfc (imputazione del reddito con credito per le imposte pagate dalla Cfc ed esclusione integrale del dividendo distribuito fino a concorrenza), in quanto il regime di esclusione parziale ha proprio il fine di eliminare la potenziale doppia imposizione economica derivante dalla (limitata) tassazione nel paese estero. Sarebbe preferibile che il legislatore mettesse mano al comma 3 prevedendo la facoltà per i soggetti controllanti italiani di optare per il credito di imposta indiretto in alternativa alla parziale esclusione degli utili percepiti.
Inoltre, il regime di esclusione parziale dei dividendi dovrebbe essere accompagnato da una pari esenzione del 50% delle plusvalenze da realizzo, alla luce della simmetria tra i due regimi (particolarmente evidenziata dalla circolare 7/E del 2013 proprio con riferimento alle partecipate di black list) ed al fine di evitare arbitraggi tra la distribuzione degli utili e il loro realizzo mediante cessione.