Adempimenti

Donazioni in natura: costi deducibili, niente Iva e tassazione sui redditi

La legge antisprechi prevede un paniere di beni: dagli alimenti ai mobili

di Gabriele Sepio

Imprese ed erogazioni in natura a favore degli enti non profit: un fenomeno sempre più in evoluzione. Numerose, infatti, sono le realtà imprenditoriali che scelgono, per spirito di liberalità, di destinare beni in natura. Un fenomeno questo che nell’ultimo periodo, a partire dal 2016, con l’introduzione della legge antisprechi (la 166/2016), ha visto le donazioni in natura diventare una consuetudine diffusa tra le imprese più virtuose.

A ben vedere, tuttavia, si tratta di uno strumento ancora poco conosciuto ma che, se correttamente utilizzato, consente di assegnare importanti benefici fiscali. Basti pensare, ad esempio, agli incentivi previsti nel caso in cui l’impresa intenda cedere gratuitamente i beni individuati dall’articolo 16 della legge 166/2016. Una norma questa che permette alle imprese di non scontare l’Iva (ferma restando la detrazione dell’imposta assolta al momento dell’acquisto) e, sotto il profilo delle imposte dirette, di non generare alcun ricavo tassabile (in quanto i beni non si considerano destinati a finalità estranee all’esercizio d’impresa) e di beneficiare dell’intera deducibilità del costo di acquisto.

Attenzione però al profilo soggettivo e oggettivo. Sul primo versante, beneficiari delle erogazioni agevolate potranno essere sia enti pubblici che non profit, inclusi tutti gli enti del Terzo settore (Ets) iscritti al Registro unico, comprese cooperative sociali e imprese sociali costituite in forma societaria. Per quanto riguarda, invece, il profilo oggettivo le misure di vantaggio sono circoscritte ad un paniere di beni specificamente individuato dalla legge. In particolare, accanto a generi alimentari ed altri beni quali medicinali, prodotti per la cura/igiene della persona e della casa, integratori alimentari, prodotti di cartoleria/cancelleria, libri, vi sono anche prodotti tessili, di abbigliamento, mobili/complementi di arredo, giocattoli, materiali per l’edilizia, elettrodomestici a uso civile e industriale, nonché personal computer, televisori, tablet, e-reader e altri dispositivi elettronici.

Più nello specifico, le donazioni di prodotti alimentari potranno riguardare solo beni invenduti, ritirati dalla vendita per decisione aziendale, rimanenze di attività promozionali oppure beni integri ma alterati nell’imballaggio esterno, nonché alimenti prossimi alla scadenza o che hanno superato il termine minimo di conservazione ( pasta, biscotti). In tutti gli altri casi saranno le imprese donanti a scegliere se erogare beni non idonei alla commercializzazione oppure beni che non si intende più immettere sul mercato.

Accanto a tale misura, le imprese potranno altresì beneficiare di quanto previsto dall’articolo 83 del Codice del Terzo settore (Cts) che consente di poter fruire di una deducibilità nel limite del 10% del reddito complesso. Importo quest’ultimo che deve tener conto dei criteri fissati dall’apposito decreto (Dm 28 novembre 2019) che distingue a seconda che oggetto di erogazione siano beni strumentali o merci. Nel primo caso, l’ammontare della deduzione è determinato in base al costo residuo non ammortizzato al momento del trasferimento; mentre per le merci si fa riferimento al minor valore tra il valore “normale” e quello attribuito alle rimanenze ai sensi dell’articolo 92 del Tuir.

A differenza della legge antisprechi, il Cts non disciplina le conseguenze della fuoriuscita del bene dal ciclo aziendale ai fini Iva e delle imposte dirette trovando pertanto applicazione le regole ordinarie. Sul primo fronte, la cessione gratuita è esente se riguarda beni merce ed è rivolta alle specifiche tipologie di enti di cui all’articolo 10 numero 12 Dpr 633/1972 ( enti pubblici, associazioni riconosciute o fondazioni con fine di assistenza); diversamente sconta l’Iva in misura ordinaria. Ai fini Ires, invece, la fuoriuscita del bene potrebbe generare un ricavo imponibile in capo al contribuente, mancando una disapplicazione dell’articolo 85, comma 2, del Tuir (a differenza di quanto previsto dalla normativa antisprechi). Il ricavo in tal caso troverebbe un bilanciamento dalla deduzione di cui all’articolo 83 del Cts.

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