Professione

Dottori commercialisti e avvocati lasciano il Cup

di Maria Carla De Cesari

Nella casa del Cup, il Comitato che riunisce gli Ordini professionali, c’è chi rientra- gli architetti - e chi decide di andarsene, dottori commercialisti e avvocati. Le uscite, senza voler sminuire chi ritorna, sono di peso. Le motivazioni sono diverse. I dottori commercialisti, che la settimana prossima devono formalizzare la decisione con una delibera, lamentano un difetto di rappresentanza nella politica degli ultimi tempi del Cup. «Il Cup - dice Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti - dovrebbe sostenere problematiche trasversali alle professioni, senza invadere temi settoriali».

Se i dottori commercialisti si sono sentiti scavalcati, più volte, sui dossier fiscali, gli avvocati mettono l’accento sulla necessità di valorizzare la propria «peculiarità». «Non c’è polemica - assicura Andrea Mascherin, presidente del Consiglio nazionale forense - crediamo però più utile rimarcare la nostra specificità e collaborare, dall’esterno, con le altre professioni». D’altra parte, da tempo gli avvocati hanno iniziato a smarcarsi, tanto che sull’equo compenso hanno ottenuto un Ddl governativo che prevede la nullità dei contratti - stesi dai grandi committenti - con remunerazione inferiore ai parametri.

Ora, i dottori commercialisti puntano a una azione comune con notai e avvocati: il banco di prova sarà la delega sulla crisi d’impresa, che contiene anche più spazi per gli organi di controllo, collegio o revisore.

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