Diritto

Enti non commerciali e Pa, le esclusioni saranno da valutare

La circolare dell’Entrate 1/E/2020

(Agf)

di Marco Magrini e Benedetto Santacroce

L’agenzia delle Entrate con la circolare 1/E/2020 ha segnalato, in via interpretativa, l’esclusione dall’applicazione della disciplina prevista dall’articolo 17-bis del Dlgs 241/1997 sui contatti “labour intensive”, dei committenti qualificabili come enti non commerciali (enti pubblici, associazioni) limitatamente all’attività istituzionale di natura non commerciale. Di conseguenza l’esclusione dei contratti posti in essere da tali soggetti opera sulla base di principi derivanti dalla qualificazione soggettiva e dalle attività applicabili in riferimento alle norme che regolano la formazione dei redditi d’impresa e la soggettività passiva Ires.

Non dovrebbe costituire elemento di valutazione e ostacolo all’esclusione il fatto che gli acquisti di servizi e prestazioni siano riferibili ad attività che, a valle, generano operazioni rilevanti ai fini Iva, ma a condizione che non si tratti di attività commerciali ai fini delle imposte sui redditi. L’esclusione opera in particolare anche per gli enti pubblici, ad eccezione di quelli classificati come enti commerciali. Sono pertanto committenti soggettivamente estranei alla disciplina gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, le unioni di comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori del demanio collettivo, le comunità montane, le province e le regioni, in quanto privi della soggettività passiva agli effetti Ires. Si deve ritenere che siano esclusi anche i contratti che abbiano ad oggetto servizi necessari a questi enti per erogare prestazioni rilevanti Iva (quali, ad esempio, servizi trasporto scuolabus, mense, case di riposo).

Opera invece un’esclusione di portata oggettiva e non soggettiva per i contratti e relativi a servizi ricevuti dagli enti pubblici riferiti alle attività “decommercializzate”, cioè l’esercizio di funzioni statali, come nel caso degli enti pubblici di ricerca, delle università statali, ma anche non statali (queste ultime in ragione dell’interpretazione contenuta nell’articolo 1, comma 721, Legge 160/2019), nonché l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, nonché l’esercizio di attività previdenziali e assistenziali da parte di enti privati di previdenza obbligatoria.

Nessuna precisazione sui contratti riferibili alla sfera commerciale e/o non commerciale di svolgimento dell’attività; resta il dubbio se debbano essere considerati compresi o esclusi in ragione di una logica di prevalenza dell’afferenza (istituzionale) e tale conclusione sarebbe auspicabile. Se invece si dovesse stabilire l’applicabilità delle regole anche a tali contratti, occorrerebbe stabilire i criteri da assumere per misurare il superamento del parametro soglia dei 200mila per la parte inerente lo svolgimento dell’attività commerciale. È opportuno che gli enti esclusi comunichino tale condizione ai propri fornitori, con la massima tempestività segnalando la motivazione per i contratti in corso di efficacia. Invece l’inapplicabilità ai contratti in corso di perfezionamento potrebbe invece essere fatta risultare con l’inserimento di apposita clausola.

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