I temi di NT+Modulo 24

Fattura elettronica, lo spartiacque del 1° luglio dai forfettari all’addio all’esterometro

Al debutto anche l’obbligo per le operazioni nei confronti di San Marino

di Raffaele Rizzardi

Le novità fiscali con decorrenza dal 1° luglio si ripetono anche quest’anno. Nel 2021 abbiamo visto il debutto delle «vendite a distanza» verso i consumatori di altri Stati Ue, con l’applicazione generalizzata dell'imposta del Paese di destinazione mediante l’utilizzo degli «sportelli unici».

In base alle tre proposte di direttive del 2018, il prossimo 1° luglio avrebbe dovuto vedere la luce il regime definitivo degli scambi tra imprese di Stati diversi, ma le prime due direttive adottate parlano già del 1° gennaio 2025, mentre la direttiva specifica non è ancora disponibile.

In compenso ci pensa lo Stato italiano a introdurre alcune innovazioni procedurali, finalizzate a un maggior controllo delle attività soggette a Iva, in quanto uno degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è quello di ridurre l’evasione fiscale.

Gli aspetti più significativi riguardano:

• l’obbligo di fatturazione per i contribuenti forfettari, previsto in due tappe;

• l’anticipazione delle sanzioni per chi non accetta i pagamenti mediante Bancomat o carta di credito;

• il passaggio dall’esterometro al Sistema di interscambio delle fatture elettroniche;

• la fatturazione elettronica con San Marino.

I primi due punti sono previsti dall’articolo 18 del Dl 36/2022, che all’articolo successivo ridefinisce lo scambio di dati del «Portale nazionale del sommerso».

Fatturazione per i contribuenti forfettari

I contribuenti forfettari sono in costante crescita. Le statistiche relative al 2021 ci dicono che, a fronte di un totale di aperture di partite Iva pari a 549.500, il 43,5%, cioè 239.203 soggetti, ha optato per il regime forfettario.

La fatturazione elettronica è attualmente prevista dalla direttiva a titolo volontario, solo se cliente e fornitore si accordano in tal senso. La fatturazione elettronica obbligatoria è considerata in deroga e deve essere autorizzata per un triennio.

L’ultima autorizzazione del Consiglio europeo all’Italia era stata concessa solo il 13 dicembre 2021 (Ue 2021/2251), e non prescriveva più l’esonero per i soggetti che noi chiamiamo forfettari per il reddito, ma che ai fini Iva sono in regime di franchigia, non avendo né Iva dovuta né Iva detraibile.

Per introdurre un nuovo adempimento bisogna rispettare i sessanta giorni previsti dallo Statuto dei diritti del contribuente (articolo 3, comma 1, legge 212/2000), e il Dl 36/2022 lo fa a malapena, essendo stato pubblicato nella tarda serata del 30 aprile, ma rischia di essere convertito in legge il giorno prima della nuova decorrenza del 1° luglio.

La nuova disposizione postula una doppia decorrenza:

• 1° luglio 2022 per i forfettari che abbiano conseguito ricavi o percepito compensi superiori a 25mila euro,

• 1° gennaio del 2024 per i rimanenti soggetti.

A parte la non pertinente distinzione tra competenza («conseguito») e cassa («percepito»), trattandosi in genere di soggetti già appartenenti al regime per il quale l’unico criterio è la cassa, questa scansione ha suscitato le giuste proteste dei professionisti e delle associazioni di categoria, che propongono di partire tutti il 1° gennaio del 2023. E questo sia per avere il tempo occorrente per adeguare le procedure, sia per evitare il rischio di una inesatta collocazione in ciascuno dei due sottoinsiemi.

Il regime fiscale per questi soggetti è già previsto nelle codifiche della fattura elettronica, con il codice RF19 – forfettario (articolo 1, comma 54 a 89, legge 190/2014). Sarebbe bene prevedere una specifica «natura dell’operazione», potendo peraltro utilizzarsi il generico N2.2 – non soggette, altri casi.

La fatturazione elettronica sarà risolutiva per questi soggetti? A nostro avviso solo in parte, evitando la non registrazione delle fatture o il rilascio di più fatture con lo stesso numero.

Nulla cambia per chi non emette le fatture, nel qual caso che la fattura sia elettronica o cartacea poco cambia.

Un gettito sicuro verrà dall’imposta medievale tuttora presente nel nostro ordinamento, il bollo. I nuovi programmi della fatturazione elettronica eseguono un controllo per la corretta applicazione, anche nel caso in cui la fattura non lo indichi. Tra i codici richiamati – per fatture superiori a 77,47 euro – c’è proprio la natura dell’operazione N2.2.

Lo scopo di controllo – ma solo nelle transazioni al dettaglio, che sono pur sempre una parte prevalente per questi soggetti – viene dalle sanzioni per il rifiuto di accettare pagamenti elettronici.

La disciplina più stringente per queste operazioni avrebbe dovuto iniziare il 1° gennaio del 2023, e viene anticipata al 30 giugno 2022. Chissà perché non al primo luglio, essendo entrambi i giorni all’interno della settimana.

La norma di riferimento è l’articolo 15, comma 4-bis, del Dl 179/2012, peraltro già modificato nove volte dalla sua adozione. La pena pecuniaria viene prevista in 30 euro per ciascuna transazione, qualunque sia l’importo che il cliente intende pagare, aumentata del 4% del valore del pagamento rifiutato.

L’aspetto di maggiore criticità di questa disposizione riguarda le modalità di contestazione dell’addebito, di irrogazione della sanzione e conseguentemente del relativo contenzioso.

Viene espressamente richiamata la norma generale sulle sanzioni amministrative, la legge 689/1981, in cui si prevede che la sanzione debba essere accertata dagli agenti di polizia giudiziaria – verosimilmente i più attivi dovrebbero essere i vigili urbani – e che venga irrogata dal prefetto della provincia nella quale è stata commessa la violazione. Viene esclusa espressamente la possibilità di corrispondere la sanzione in misura ridotta. L’opposizione deve essere proposta dinanzi al giudice di pace.

Non male come complessità procedurale, con il rischio di intasamento sia della prefettura che del giudice competente.

A proposito di pagamenti elettronici, l’entusiasmo ufficiale per la lotteria degli scontrini si è spento rapidamente, anticipandone la conclusione. Si parla di una possibile lotteria istantanea, ma è ammesso da tutti che i documenti di pagamento elettronici li utilizza chi ne è abituato, e che l’unico risultato era stato quello di frazionare i pagamenti, per avere una maggiore probabilità di successo nell’estrazione.

Abolizione dell’esterometro

Il secondo pilastro delle novità del 1° luglio riguarda l’abolizione dell’esterometro, la cui sostituzione con elementi della fatturazione elettronica era già in atto su base facoltativa, mentre dalla nuova scadenza diventa obbligatoria.

Il modificato articolo 1, comma 3-bis del Dlgs 127/2015 – anche questo oggetto di molte modifiche (undici a oggi) prevede due distinti termini:

• per le operazioni attive, con le stesse modalità e termini di quelle destinate a clienti residenti. Il sistema di interscambio non può ovviamente recapitarle, e quindi si indicano sette X nel campo destinato al codice del destinatario;

• per le operazioni passive la norma parla del quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o di effettuazione dell’operazione.

Per questi ultimi documenti il vero problema è un altro: a cosa serve caricare la fattura di un albergo, per esempio tedesco, che deve necessariamente applicare la Mehrwertsteuer? Nella tormentata vicenda dell’esterometro abbiamo avuto soglie minime di euro 500 per documento, poi erroneamente portati a euro 1.000 per ciascun elenco. Sarebbe il caso di tornare a un minimale per documento passivo. E sarebbe anche interessante sapere quali accertamenti sono stati eseguiti con l’esterometro.

Fatturazione elettronica con San Marino

Ultima novità la fatturazione elettronica con San Marino: per i fornitori e per i clienti il meccanismo presenta ancora alcune complessità, ma questo modo di fatturare evita non pochi adempimenti formali.

Le vicende di San Marino evocano la diversa impostazione che uno Stato di analoghe dimensioni ha avuto con l’inizio degli scambi intracomunitari nel 1993.

Alludiamo al Principato di Monaco, che ha molto più semplificato aderendo in toto all’Iva francese: nessuna formalità supplementare, nessuna necessità di controlli di confine, ferma restando la partecipazione al gettito sulla base di dati statistici macroeconomici.

Questo articolo fa parte del Modulo24 Iva del Gruppo 24 Ore.

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