FISCO E SENTENZE/Le massime di merito: Irap, immobili di lusso e investimenti nelle aree svantaggiate
Nelle massime di merito di questa settimana le regole per accedere alla ratezione, la non decadenza dal bonus per gli investimenti in aree svantaggiate in caso di operatività parziale, l’effetto retroattivo delle norme sugli immobili di lusso introdotte con la legge di stabilità 2014, il mancato rispetto dei termini di edificazione, i premi produttivitàà e la tassaizione agevolata, quale Irap per l’avvocato che si avvale della consulenza dei colleghi e quando va presentato il ricorso per revocazione,
Ratezione preclusa alla Srl con valore della produzione pari a zero
Va respinta la richiesta di rateazione per la società a responsabilità limitata con debiti a ruolo (oltre 143mila euro) che ha un “Valore della produzione” (Voce A del Bilancio) pari a zero.
I requisiti da possedere contemporaneamente per accedere alla rateazione sono infatti:
a) Debiti per oltre 5mila euro (nel caso di specie, oltre 143mila euro);
b) Indice di Liquidità (rapporto tra la somma della liquidità immediata e differita, e passività correnti) inferiore all'unità (nel caso di specie, pari a 0,05);
c) Indice α (rapporto tra debito complessivo e valore della produzione, o tra la voce totale D del bilancio e la voce totale A) inferiore a tre.
Relativamente all'indice α, il valore della produzione indica la capacità dell'impresa di generare flussi finanziari tali da permettere all'azienda di pagare i debiti a ruolo in unica soluzione, e quindi la mancanza del “Valore della produzione” (denominatore della frazione del rapporto α) rende indeterminabile tale secondo indice e preclude l’accesso alla rateazione.
• Ctp Lecco, sentenza 106/1/2017
I vizi occulti non minano il credito per investimenti nell’area svantaggiata
La sola parziale operatività dell’investimento effettuato nelle aree svantaggiate non genera il loro recupero se ciò è dovuto per causa non imputabile alla stessa azienda. Intanto spetta il credito (relativo al 2013) se sono rispettati i requisiti normativi:
a) L’acquisto dei beni strumentali (nella specie, impianti e macchinari) deve avvenire entro la fine del periodo d’imposta (nella specie, il 31 dicembre 2013);
b) I beni strumentali devono entrare in funzione entro i due anni successivi alla data dell’acquisto (nella specie, 31 dicembre 2015), cioè l’investimento deve essere stato “avviato”.
Poi non rileva il ritardo che ha impedito la realizzazione dell’intero investimento entro la data predefinita (31 dicembre 2015) al fine di ottenere le autorizzazioni comunali necessarie per completare i lavori. Pertanto va annullato il ricupero effettuato dall’Amministrazione del credito d’imposta basato sul fatto che non tutti gli impianti (nella specie, impianti di condizionamento ed impianti fotovoltaici) sono entrati in funzione se il soggetto beneficiario dell’agevolazione dimostra che:
a) Gli stessi sono stati installati in una struttura complessa di quattro piani e durante l’installazione sono emersi difetti nella struttura - cosiddetti “vizi occulti ” - che hanno indotto la contribuente a smontarli per non esporli a danni;
b) Ne è derivato un contenzioso conclusosi con Lodo arbitrale nel marzo 2015, cui sono seguitati diversi interventi manutentivi conclusi con dichiarazione di agibilità dell’immobile solamente nel dicembre 2015;
c) L’Amministrazione non ha tenuto conto che la maggior parte dell’investimento è stato avviato entro il 31 dicembre 2015, come risulta da documentazione cartolare, quale dichiarazione di inizio attività (Dia), inizio lavori, ed apertura dell’unità locale produttiva;
d) La conformità degli impianti è stata poi dichiarata da tecnici specializzati, a differenza dell’Amministrazione che ha contestato tali elementi senza basarsi su alcuna perizia;
e) L’allacciamento delle utenze sia elettriche, necessarie per il ritiro dell’energia prodotta, sia telefoniche, è avvenuto entro il dicembre 2015.
• Ctp Catania, sentenza 4251/11/2017
Il termine per edificare una volta scaduto non può essere prorogato
Il termine concesso al contribuente per edificare un’area particolareggiata è un termine “mobile”, otto anni (termine prorogato) solo se la proroga del triennio per l’edificazione è intervenuta prima dello spirare del quinquennio, altrimenti è di cinque anni (termine originario), perché un termine spirato non può essere prorogato. È dalla fine di questo periodo (cinque od otto anni) che iniziano a loro volta a decorrere i tre anni per il recupero dell’imposta di registro dovuta dal contribuente che omette l’edificazione dell’immobile sul terreno acquistato e ricadente in area particolareggiata e che non sia stato edificato entro il termine (cinque od otto anni). Nel caso pertanto di un terreno comprato il 29 settembre 2005 e non edificato entro il 29 settembre 2010 (quinquennio originario), non si aggiunge la proroga triennale per l’edificazione introdotta dal Dl 225/2010 entrato in vigore solamente il 27 febbraio 2011, giorno in cui l’originario quinquennio era ormai spirato (29 settembre 2010). Quindi è dalla fine del quinquennio non così prorogato che decorrono i tre anni per il recupero, con scadenza naturale al 29 settembre 2013 . Nel caso di specie, poi, anche volendo applicare la proroga al quinquennio, l’atto risultava fuori termine perché tardivamente notificato il 15 ottobre 2016 rispetto al termine ultimo del 29 settembre 2016.
• Ctp Treviso, sentenza 255/1/2017
Senza Irap l’avvocato che paga alti compensi ad altri colleghi con partita Iva
Va sempre effettuata l’analisi di merito circa l’autonoma organizzazione ai fini del presupposto Irap in capo al professionista. Nel caso di specie, si tratta di un avvocato con un’iscrizione a ruolo Irap per circa 9mila euro. Circa i beni strumentali, essi non sono indice d’autonoma organizzazione se il professionista utilizza quelli presenti nello studio del padre che svolge altra attività diversa da quella del professionista, ed in ogni caso per assenza di beni nel proprio registro cespiti. Circa i compensi corrisposti a terzi, gli stessi ammmontari ancorché elevati non sono indice d’autonoma organizzazione se sono stati corrisposti a commercialisti e consulenti vari, oltre a colleghi, per collaborazioni relative a sostituzioni in udienza, richieste pareri professionali, condivisioni di cause, etc., avendo tutti questi professionisti la propria partita Iva e i propri beni strumentali.
Tassazione light per la retribuzione di produttività nell’accordo collettivo
La tassazione agevolata Irpef al 10% spetta solamente per le «retribuzioni di produttività», le quali devono risultare nell’accordo di contrattazione collettiva. Tale agevolazione, introdotta con l’articolo 2 del Dl 93/2008, è stata poi attuata dal Dpcm del 22 gennaio 2013, che ha introdotto il concetto di «retribuzione di produttiva», per collegare i premi di produttività ai reali indicatori di capacità produttiva, in base ai quali tali retribuzioni devono essere evidenziate nell’accordo di contrattazione collettiva. Pertanto non spetta il rimborso Irpef (oltre mille euro), oggetto di richiesta da parte della dipendente della società di diagnostica e ricerca relativa agli anni 2013 e 2014 (in cui ha subito tassazione ordinaria), se parte di questi stipendi derivavano da straordinari e da premi di produttività correlati al fatturato se la sottoscrizione dell’accordo collettivo nell’ottobre del 2013 col proprio datore di lavoro si riferisce solamente alla riduzione del personale.
• Ctp Lodi, sentenza 21/1/2017
Retrattiva la norma che non fa scattare il lusso se l’immobile è di 264 mq
I nuovi criteri introdotti dalla Legge di stabilità 2014 per la qualificazione degli immobili come di lusso valgono non solo per il futuro ma anche per il passato, perché la modifica legislativa ha carattere innovativo. Circa i criteri, per qualificare l’unità immobiliare quale “immobile di lusso”, quello della “categoria catastale” (introdotta dall’articolo 10 del Dlgs 23 del 2011, come modificato dall’articolo 26 del Dl 104/2013 convertito in legge 128 dell’8 novembre 2013, e dall’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013 n. 147) prevale sul precedente “criterio della superficie” (disciplinato nell’articolo 6 del D.M. 2 agosto 1969).
In base alla nuova normativa, vanno quindi considerate abitazioni di lusso esclusivamente: a) Le abitazioni di tipo signorile (Cat. A/1); b) Le abitazioni in ville (Cat. A/8); c) I castelli ed i palazzi di eminenti pregi artistici o storici (Cat. A/9). Circa l’applicazione temporale, la nuova disposizione si applica anche per gli acquisti ante 2014, poiché la novella introduce un nuovo criterio per qualificare le abitazioni come di lusso. Pertanto è illegittimo il ricupero della imposta di registro sull’immobile acquistato nel 2013 con le agevolazioni “prima casa” perché ha una superficie superiore ai 240 metri quadrati (nello specifico 264) laddove la stessa risulti essere stata censita al Catasto in Categoria A/7 (villini).
• Ctp Treviso, sentenza 257/3/2017
Illegittimo duplicare l’imposta per la fognatura
Non paga l’onere consortile l’immobile ubicato all’interno del tessuto urbano anche se ricadente nel perimetro di contribuenza del Consorzio di bonifica perché il bene già usufruisce del servizio di pubblica fognatura pagato regolarmente al Comune. In primo luogo, la normativa della Regione Lazio (articolo 36 della Legge Regione Lazio n. 53/1998) esonera chiaramente dal pagamento tale immobile, atteso che lo stesso servizio (raccolta, collegamento e allontanamento della acque meteoritiche) non può essere preteso dal Consorzio, perché viceversa ci sarebbe una duplicazione d’imposta. In secondo luogo, non è dovuto alcun onere se il Consorzio non eroga ulteriori servizi diversi da quelli erogati dall’ente locale, che arrecano beneficio ai beni in esso ricadenti.
• Ctr Lazio, sentenza 2918/1/2017
No al ricorso per revocazione per omessa pronuncia su un fatto decisivo
La revocazione contro la sentenza è ammissibile solo se proposta per censurare un evidente errore di fatto (cosiddetto fatto revocatorio) commesso dal giudice, ossia attuabile se la decisione impugnata si basa su di una “svista” materiale del giudice (erronea presupposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto incontestabilmente smentito dagli atti di causa). Va quindi dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione in cui l’appellante censura la decisione del giudice perché ha omesso di esaminare uno specifico motivo di appello (nel caso specifico, la sentenza era frutto di un errore di fatto consistente nell’avere omesso di esaminare l’eccezione di nullità in ordine all’entrata i nvigore del Dl 4 luglio 2006, n. 223, che non era retroattiva), qualificabile al più come “error in procedendo” ed eventualmente censurabile tramite impugnazione della sentenza di secondo grado presso la Cassazione sotto il profilo della omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia (articolo 360, primo comma, n. 5, Codice di procedura civile).
• Ctr Sicilia, sezione staccata Siracusa, sentenza 1747/4/2017