Finanza

Fondi distressed liquidati, dubbi di costituzionalità sui contributi delle Sgr

L’obbligo di pagare le spese viola il principio di autonomia patrimoniale della società

di Aldo Carosi e Emiliano Russo

L’articolo 57 del Testo unico della finanza, nel disciplinare la liquidazione coatta amministrativa di fondi immobiliari “distressed”, prevede, al comma 6 bis, l’obbligo per la società di gestione del risparmio, che anteriormente gestiva il fondo immobiliare, di contribuire, con propria liquidità, a tutte le spese della procedura di liquidazione guidata dal liquidatore nominato da Banca d’Italia e aggiunge con perentorietà che «dette somme restano a carico della società stessa».

La formulazione apodittica dell’inciso del comma 6 bis - senza indicarne i presupposti di fatto o di diritto, natura dell’obbligazione, ammontari minimi o massimi e introducendo in maniera assiomatica una deroga al granitico principio di autonomia patrimoniale tra le responsabilità del Fondo immobiliare e quelle della Sgr - potrebbe essere ritenuta in violazione del principio di legalità dell’articolo 25 della Costituzione, del principio di proporzionalità, ragionevolezza e di parità di trattamento dell’articolo 3 e del principio di capacità contributiva dell’articolo 53.

In primo luogo, ove l’obbligo di contribuzione pecuniaria del comma 6 bis fosse inteso dal legislatore in senso sanzionatorio, la norma avrebbe dovuto richiamare le norme di comportamento la cui violazione dà luogo alla sanzione pecuniaria e avrebbe dovuto prevedere un range afflittivo, proporzionato al grado di responsabilità della Sgr: senza tali requisiti, il comma 6 bis confliggerebbe con il principio di legalità di cui all’articolo 25, comma 2, della Costituzione, secondo cui nessuno può essere punito se non in forza di una legge e con il principio di proporzionalità tra violazione e sanzione, di cui all’articolo 3.

Ove si volesse accedere ad altra ipotesi, secondo cui il comma 6 bis abbia inteso costituire una norma di natura meramente fiscale, questa non sarebbe correlata ad alcun indice di capacità contributiva, ledendo quindi i principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività di cui all’articolo 53.

L’inciso del comma 6 bis confliggerebbe, inoltre, con il principio di uguaglianza e di parità di trattamento statuiti dall’articolo 3, comma 1, della Costituzione perché nel nostro ordinamento giuridico analoghe figure di gestori di patrimoni altrui non sono gravate da analoga obbligazione pecuniaria, se non giustificata da responsabilità civilistiche o amministrative, derivanti da violazione di espresse norme di comportamento (come nel caso della responsabilità dell’amministratore di società per azioni, per violazione dei principi dell’articolo 2392 del Codice civile).

La norma rappresenta altresì uno snaturamento irragionevole del rapporto Fondo – Sgr che oltrepasserebbe il canone della ragionevolezza intrinseca di cui all’articolo 3 della Costituzione, inteso come «idoneità e capacità del provvedimento a raggiungere astrattamente lo scopo prefissato»: infatti, tenuto conto che la Sgr è la mandataria per legge, nell’interesse dei quotisti del fondo, alla buona gestione del fondo immobiliare e legittimata (in aggiunta ai creditori del Fondo) a «chiedere la liquidazione del fondo al tribunale», sarebbe contraddittorio, con le finalità legislative di tutela del risparmio, imporre un’obbligazione pecuniaria alla Sgr, di sapore vagamente sanzionatorio, poiché così si introduce un deterrente legislativo alla Sgr; al contrario, alla luce di quanto sopra, la Sgr deve essere legislativamente indotta – e non dissuasa – ad attivare essa stessa, ancor prima di eventuali creditori esterni del fondo, il processo di liquidazione coatta del fondo immobiliare e quindi “eliminare dal mercato”, un fondo in stato di irreversibile tensione finanziaria, sul presupposto normativo che la Sgr sia ritenuta “partner regolamentare privato” delle autorità di controllo, non solo mero gestore immobiliare specialistico.

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