Finanza

Fondo perduto, per i beneficiari obbligo di autocertificazione Ue

Le aziende dovranno dichiarare il rispetto dei vincoli europei per il cumulo con altri aiuti

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Per le partite Iva coinvolte nei plurimi giri di assegni pubblici a fondo perduto spunta l’obbligo di autodichiarare il rispetto dei vincoli generali dettati dalle regole Ue sugli aiuti di Stato per non avere sorprese in caso di cumulo fra questi bonifici e altri sostegni pubblici. Un obbligo che almeno a una prima lettura sembra praticamente generalizzato, visto che fra gli altri aiuti che si cumulano al fondo perduto ci sono per esempio le agevolazioni fiscali come la cancellazione del saldo e primo acconto Irap o l’esenzione dell’Imu, estesa dalla legge di conversione del decreto sostegni 1 proprio a tutti i beneficiari del fondo perduto. Ma l’elenco è lungo, e comprende per esempio i bonus affitti per gli immobili commerciali o il credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro.

La novità arriva dalle bozze del decreto «sostegni-bis» approvato giovedì dal consiglio dei ministri. La «apposita autodichiarazione con la quale attestano l’esistenza delle condizioni previste dalla Sezione 3.1» del Temporary Framework è evidentemente una richiesta comunitaria, con l’obiettivo di mettere a sistema i controlli sul rispetto di condizioni e tetti agli aiuti di Stato. E si traduce dunque in un nuovo adempimento, all’interno di un calendario già arricchito dall’accelerazione sulle dichiarazioni dei redditi imposta dall’esigenza di far partire in tempo utile anche l’integrazione di fine anno basata sugli utili e non più sul fatturato.

Anche su questo secondo meccanismo pesano però le incognite comunitarie. L’effettiva applicazione del nuovo aiuto, con misure ancora tutte da definire perché le percentuali di peggioramento del risultato d’esercizio e quelle su cui calcolare il bonifico saranno fissate dai provvedimenti attuativi, è subordinata a un via libera comunitario.

È evidente che il governo, prima di mettere nero su bianco la nuova norma, ha portato avanti i consueti confronti informali con la commissione. Resta il fatto però che la clausola è esplicita, dal momento che l’aiuto pubblico commisurato al risultato d’esercizio esce dal binario classico tracciato dal quadro temporaneo delle regole Ue che fissano il criterio del calo di fatturato per almeno il 30% rispetto al periodo pre-crisi per individuare gli operatori economici “meritevoli” del supporto statale.

Anche nello scenario aggiornato dal nuovo provvedimento, in ogni caso, i bonifici parametrati al calo di volume d’affari restano predominanti. Sui 23 miliardi messi in movimento dalla coppia di decreti intitolati ai «sostegni», a seguire il parametro del fatturato saranno 19,4 miliardi: l’84% del totale.

Questo capitolo si arricchisce nel provvedimento di giovedì con un nuovo calcolo, che si aggiunge alla replica secca degli assegni pagati dal sostegni-1 in base al raffronto tra il volume d’affari 2020 e quello 2019. Questo supplemento è basato sui cali di fatturato registrati nel periodo 1° aprile 2020-31 marzo 2021 rispetto ai 12 mesi precedenti per tener conto delle chiusure del primo trimestre di quest’anno. La platea è divisa in due: chi ha già avuto diritto agli aiuti misurati sul 2020 riceverà un’integrazione fra il 20 e il 60% del calo medio mensile a seconda della dimensione dell’impresa. Chi invece non ha partecipato a quel giro, perché in particolare non superava la soglia di perdite del 30% nel solo 2020, riceverà un assegno più pesante, fra il 30 e il 90% del calo medio mensile. Un modo, questo, per venire incontro alle 370mila partite Iva che secondo i calcoli del governo rientrano sotto il cappello degli aiuti solo grazie all’aggiornamento dell’orizzonte temporale su cui si calcola la perdita di fatturato.

Questo allargamento della platea non appare però sufficiente a imbarcare tutte le attività economiche che avrebbero bisogno dell’intervento pubblico. In particolare, rimane irrisolto il problema dei cosiddetti esodati dai ristori, che non raggiungono la soglia minima di calo di fatturato per il fatto che nel 2019, considerato dai parametri ministeriali, l’anno di riferimento per misurare l’attività “normale”, i loro incassi sono stati discontinui. Le ragioni possono essere le più varie: un intervento di ristrutturazione nel negozio o nel locale pubblico, oppure l’apertura della partita Iva qualche mese prima dell’avvio vero e proprio dell’attività. In questi casi, i calcoli ministeriali registrano fatturati più o meno lineari. Ma la realtà è quella di un crollo economico. Con una beffa in più: alla platea dei destinatari del fondo perduto è riservata l’esenzione dall’acconto Imu inserita nel primo decreto sostegni, e il credito d’imposta sugli affitti esteso ai primi cinque mesi 2021 dal nuovo provvedimento. Gli esodati saranno esclusi anche da queste misure.

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