Imposte

Fusione, pro rata Iva a rischio disparità di trattamento

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di Gianluca Settepani e Luciano Volta

L’agenzia delle Entrate in una risposta a interpello (non ancora pubblicata) ha fornito chiarimenti in merito alla corretta determinazione del pro rata di detrazione in caso di fusione per incorporazione, con particolare riferimento alle rettifiche sui beni strumentali, prevista dall’articolo 19-bis2, comma 7, del Dpr 633/72. In breve, per effetto della fusione il pro rata definitivo determinato dell’incorporante risultava, da un lato inferiore per più di 10 punti percentuali rispetto al pro rata storico della medesima (pari al 100%), dall’altro superiore – sempre per più di 10 punti percentuali - rispetto ai pro rata determinati negli anni precedenti dell’incorporata (intorno al 10% circa).

Tale circostanza comportava delle rettifiche in melius relativamente all’Iva assolta sui beni strumentali dell’incorporata e in pejus in relazione ai beni strumentali dell’incorporante.

L’istante evidenziava, in particolare, che il pro rata definitivo dell’incorporante, riferito a tutto l’anno, il quale comprendeva dieci mesi di attività della sola incorporante (ante fusione) e due mesi di entrambe, risultava notevolmente penalizzato dal pro rata riferito al solo periodo post fusione di entrambe le società.

La società istante riteneva pertanto che il criterio di calcolo “mensilizzato” riportato nelle istruzioni ministeriali al modello Iva in relazione ai beni acquisiti a seguito di operazioni straordinarie o trasformazioni sostanziali soggettive (quale la fusione) dovesse essere applicato a tutti i beni coinvolti/acquisiti per effetto dell’operazione straordinaria e non solo a quelli ricevuti dall’incorporata (come invece pare desumersi dalla lettura delle istruzioni ministeriali).

Sulla base di queste considerazioni il contribuente riteneva che la rettifica del pro rata sugli acquisti di beni strumentali nell’anno di efficacia della fusione dovesse essere determinata nel modo seguente:
•per il periodo ante fusione sia l’incorporata che l’incorporante avrebbero dovuto calcolare la rettifica da pro rata sui beni strumentali acquisiti nei 4 anni precedenti in base ai rispettivi pro rata (determinati avendo a riferimento i 10 mesi di attività ante fusione);
•per il periodo post fusione la rettifica avrebbe dovuto essere determinata in base al pro rata relativo ai soli due mesi post fusione.

A sostegno di tale tesi il contribuente evidenziava come la ratio che ispira la rettifica della detrazione per i beni strumentali sia quella di correlare la detrazione dell’iva assolta sugli acquisti (anche di beni strumentali) al diverso utilizzo che si può riscontrare nel corso del ciclo vita degli medesimi.

A parere dell’istante inoltre tale principio di correlazione temporale tra bene e attività (ai fini iva) effettivamente esercitata risulta correttamente declinato dalle istruzioni ministeriali iva, anche se con un tenore letterario non chiarissimo, nell’ipotesi in cui l’evento della modifica del pro rata sia determinato da un’operazione straordinaria, quale nel caso di specie la fusione, dove in corso d’anno confluiscono diverse attività.

Il contribuente evidenziava tuttavia come un’applicazione asimmetrica di tale principio (che limita la rettifica ex articolo 19-bis2 ai soli beni “acquisiti” in senso stretto e riferiti alla incorporata) avrebbe comportato una diversa rettifica da pro rata a seconda del tipo di fusione scelta (si pensi ad esempio al caso di una fusione inversa o di una fusione propria), il che naturalmente è una conseguenza inaccettabile in quanto le operazioni di riorganizzazione societaria sono (e devono essere) considerate fiscalmente irrilevanti ai fini della normativa fiscale e tale “irrilevanza” o “ininfluenza” dovrebbe essere assoluta tra diverse forme di fusione. Per tale ragione, il contribuente riteneva che il termine “acquisiti” dovesse essere esteso a tutti beni strumentali delle società coinvolte (se infatti la fusione fosse stata inversa i beni acquisiti, nella rigorosa definizione dell’amministrazione finanziaria, sarebbero stati quella dell’incorporante con effetto diametralmente opposto).

L’Agenzia tuttavia non ha accolto la tesi del contribuente stabilendo che il criterio di calcolo mensilizzato dovesse essere applicato per il periodo ante fusione ai soli beni acquisiti per effetto della fusione dall’incorporata sulla base del suo prorata, mentre l’incorporante avrebbe dovuto rettificare i propri beni strumentali sulla base del pro rata definitivo annuale post fusione.

La soluzione dell’Agenzia anche se in linea con le sintetiche e datate istruzioni ministeriali (ed al software di compilazione) apre il campo (ai fini Iva) a forme di discriminazione in base alla differente scelta della tipologia civilistica di fusione. È evidente che l’applicazione rigorosa del dettato dell’articolo 19-bis2 comma 7 del Dpr Iva (che si riferisce ai beni acquisiti) potrebbe orientare i contribuenti verso una forma di fusione rispetto che una altra.

Nel caso di specie la soluzione dell’Agenzia è stata sfavorevole al contribuente, ma se (legittimamente) avesse optato per una fusione propria (con l’estinzione delle due società in corso d’anno a favore di una newco), ogni società avrebbe calcolato sui propri beni strumentali il proprio prorata maturato nei primi 10 mesi ante fusione, con un effetto nettamente favorevole al contribuente.

Questa disparità di trattamento ai fini Iva tra operazioni che portano allo stesso risultato civilistico e improntate al criterio generale della neutralità fiscalle, potrebbe indurre il contribuente a scegliere la forma di fusione (incorporazione, inversa o propria) in base alla convenienza nel calcolo del prorata, con inevitabili problematiche elusive in sede di accertamento qualora l’amministrazione finanziaria ritenesse che la modalità di esecuzione

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