Adempimenti

General contractor, sulla fatturazione norme da definire

Aziende che offrono pacchetti completi cercano soluzioni anti-contestazioni, in assenza di chiarimenti delle Entrate

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di Giorgio Gavelli

In assenza di chiarimenti specifici da parte dell’agenzia delle Entrate, le imprese che propongono ai possibili beneficiari del superbonus un pacchetto completo, comprensivo di lavori agevolabili e prestazioni professionali, stanno cercando di trovare soluzioni percorribili per evitare contestazioni.

Il tema è quello – già segnalato sul Sole 24 Ore del 28 ottobre scorso – del coordinamento tra le nuove disposizioni agevolative e la presenza del general contractor (Gc), figura in grado di offrire un “prodotto finito” comprensivo di lavori in appalto/subappalto, attestazioni tecniche e di congruità e visto di conformità per la “monetizzazione” del credito, che non di rado avviene tramite lo sconto in fattura riconosciuto dallo stesso GC o attraverso la cessione del credito a soggetto convenzionato.

Una soluzione che molti committenti vanno cercando, data l’oggettiva difficoltà di districarsi tra professionisti, imprese e adempimenti burocratici gestiti in prima persona. Il general contractor, infatti, di regola si presenta come un problem solver a tutto campo che si accolla pratiche e gestione del cantiere.

Già sono stati messi in luce i vari aspetti delicati, riguardanti essenzialmente la detraibilità del compenso riconosciuto al GC e quella delle prestazioni professionali “ribaltate” da quest’ultimo al contribuente (e non fatturate direttamente al beneficiario del bonus), con annesso tema della copertura assicurativa in caso di infedele attestazione o asseverazione.

Le procedure utilizzate oggi

Una procedura che alcune aziende stanno progettando prevede che:

• i professionisti fatturino al contribuente (privato o condominio) consegnando copia delle fatture al Gc;

• le fatture siano pagate dal Gc e “veicolate” al contribuente – come anticipazioni effettuate in nome e per conto di quest’ultimo in base all’articolo 15, comma 1, n. 3), del Dpr 633/1972 – all’interno delle fatture ordinariamente emesse per i lavori realizzati.

L’intento è quello di consentire al Gc di effettuare lo “sconto in fattura” sull’intero importo (comprensivo delle spese professionali), pur in presenza di documenti formalmente intestati al contribuente e senza dover richiedere al professionista di operare, a sua volta, lo “sconto” o la cessione del credito, situazione che moltiplicherebbe i modelli di opzione da inviare all’agenzia delle Entrate.

Le spese professionali

Ci si chiede se, come pare, la procedura non incontri ostacoli interpretativi, partendo dal presupposto che sia possibile per il Gc riconoscere lo “sconto in fattura” anche su spese anticipate in nome e per conto e che il Gc possa (eventualmente anche senza bonifico “parlante”, ma il punto andrebbe chiarito) anticipare l’onere delle spese professionali che poi il contribuente cumulerà nei massimali di legge ai fini del beneficio.

Come fatturare gli altri bonus

Altra questione “spinosa” riguarda lo “sconto in fattura” per gli interventi non ammessi al bonus 110% (bonus facciate o ecobonus al 65% ad esempio).

L’articolo 121 del Decreto Rilancio, il Provvedimento sulle opzioni dell’8 agosto scorso e la circolare 24/E/2020 prevedono che il fornitore recuperi lo “sconto” (di importo pari al corrispettivo, ma anche inferiore ad esso) attraverso un credito d’imposta “di importo pari alla detrazione spettante”, con facoltà di successive cessioni a terzi. Tutto bene con il 110% (a fronte di uno “sconto” di 100, il credito che passa al fornitore è 110), meno bene con le altre percentuali, dove parrebbe che, come in passato, non ci possa essere un “plus” riconosciuto al fornitore rispetto alla detrazione.

Nel bonus facciate la detrazione trasformata in “sconto” sembra essere pari al 90% della spesa, ovvero al 65% in caso di “ecobonus qualificato” e così via. Il che confermerebbe uno dei problemi riscontrati in passato sullo “sconto in fattura”, ossia la difficoltà da parte del fornitore di recuperare gli oneri finanziari, se non tenendone conto in sede di fissazione del prezzo.

Meglio la cessione

Seguendo (in attesa di chiarimenti) questa lettura restrittiva, potrebbe essere più concretamente realizzabile, ragionando sempre al di fuori del 110%, l’acquisto del credito da parte del fornitore, ipotesi che sembra del tutto possibile alla luce del testo dell’articolo 121 e di quello del par. 3.4 del Provvedimento dell’8 agosto scorso (il quale, salvo sorprese, dovrebbe avere sostituito “in toto” i precedenti provvedimenti e i modelli da essi approvati).

Nella risposta ad interpello n. 309/2019 l’Agenzia ha affermato che “l’importo del bonifico potrà coincidere con il corrispettivo indicato in fattura, ovvero essere inferiore nell’ipotesi, ventilata dal contribuente, in cui il contribuente intende utilizzare la cessione del credito a favore dei fornitori e a parziale pagamento del corrispettivo stesso”.

Il che conferma che:

1) la cessione del credito al fornitore è sempre possibile;

2) essa avviene ordinariamente compensando (anche parzialmente) il debito per l’importo dei lavori.

Il terzo elemento, a chiusura del cerchio, dovrebbe essere che il fornitore può acquistare per 80 una detrazione di 90 (o per 55 una detrazione di 65), compensando il corrispettivo per l’acquisto del credito con un ammontare di lavori di pari importo.

Nella prossima circolare delle Entrate appare necessaria la previsione di alcuni esempi numerici.

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