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Gli affitti di fondi rustici si candidano per il tax credit

Secondo un’interpretazione rigorosa il bonus non spetterebbe nemmeno per la quota riferibile ai fabbricati rurali

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di Gian Paolo Tosoni

La concessione del credito di imposta sui canoni di locazione sugli immobili è confusa in ordine all’ambito soggettivo con particolare riferimento al settore agricolo. Si tratta dell’articolo 28 del Dl 34/2020 il quale prevede il diritto a un credito di imposta del 60% dell’ammontare mensile del canone di locazione, leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività, industriale, commerciale, artigianale, agricola e di interesse turistico. L’espresso richiamo alla attività agricola farebbe pensare anche agli imprenditori agricoli, ma il medesimo comma 1 quando richiama i soggetti considera solo gli esercenti attività di impresa, arte o professione con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro conseguiti nel 2019. Generalmente quando il legislatore richiama gli esercenti attività di impresa si riferisce alle imprese che determinano il reddito a bilancio, per di più considerando che per stabilire la soglia degli esclusi cita i ricavi estranei ai soggetti che rientrano nei redditi fondiari.

Inoltre la norma fa riferimento al canone di locazione che nell’uso commerciale è riferito quasi esclusivamente all’affitto di case, appartamenti, negozi e simili (Treccani), mentre per i terreni agricoli la legge 203/1982 regola l’«affitto» di fondi rustici.

L’articolo 28, comma 2, del decreto rilancio prevede la concessione del credito di imposta, in questo caso del 30%, anche in caso di contratto di servizi a prestazioni complesse o di affitto di azienda comprendente almeno un immobile, anche in questo caso destinato allo svolgimento delle varie attività compresa quella agricola, ma il legislatore non pensa all’affitto di fondi rustici.

In base all’interpretazione letterale della norma il credito d’imposta spetta a soggetti di natura commerciale come ad esempio tutte le società, escluse le società semplici, oppure anche le imprese agricole individuali o società semplici che svolgono attività eccedenti il reddito agrario come ad esempio le attività agrituristiche e gli allevamenti di animali con terreni insufficienti a produrre potenzialmente. Questi soggetti ai fini delle imposte dirette rientrano nel reddito di impresa; inoltre dovrebbe trattarsi di canoni di locazione e quindi essere relativi a fabbricati (esempio ricovero animali, fabbricati destinati all’agriturismo).

In presenza di affitto di terreni agricoli secondo un’interpretazione rigorosa, il credito di imposta non spetterebbe nemmeno per la quota riferibile ai fabbricati rurali essendo probabilmente in un contesto diverso da quello immaginato dal legislatore.

Nell’auspicio che in sede di conversione il credito di imposta venga esteso esplicitamente anche agli affitti di fondi rustici, ricordiamo che spetta sui canoni di locazione relativi ai mesi di marzo, aprile e maggio (per le attività ricettive stagionali: aprile, maggio e giugno) il credito di imposta del 60% scatta sui canoni successivamente all’avvento pagamento ed è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2020, e cioè dell’anno in cui è stata sostenuta la spesa, oppure in compensazione dopo il pagamento dei canoni.
Il diritto al credito e inoltre subordinato alla riduzione del fatturato e dei corrispettivi nel mese di riferimento, di almeno il 50% in confronto al corrispondente mese del 2019.
Però se le leggi le scrivessero in modo più chiaro! Si aspetta al riguardo la legge di conversione.