Controlli e liti

Contabilità parallela, questionari e fatture di terzi: il Fisco detta la linea sui controlli

Un documento dell’Agenzia recepisce le ultime pronunce di Cassazione sull’utilizzabilità dei documenti «altrui»

di Fabrizio Cancelliere e Gabriele Ferlito

Una nuova direttiva interna delle Entrate detta la linea sugli atti impositivi fondati su risultanze istruttorie reperite presso soggetti terzi. Il documento – che Il Sole 24 Ore ha potuto esaminare – cita numerose sentenze della Suprema corte e intende favorire un’uniforme trattazione delle controversie da parte degli uffici locali. Proprio per questo, prende in considerazione le eccezioni più di frequente sollevate dai contribuenti: il divieto di prova testimoniale nel processo tributario e l’irrilevanza/inidoneità degli elementi acquisiti presso terzi.

Prove presuntive
Per quanto riguarda le dichiarazioni di terzi, il documento ricorda che, per giurisprudenza consolidata, queste possono essere prodotte da entrambe le parti processuali e costituiscono prove atipiche con valore di elementi indiziari, che possono concorrere alla formazione del convincimento del giudice insieme ad altri elementi, ma non sono idonee a costituire, da sole, il fondamento della decisione (Cassazione 26140/2017 e 29546/2018).

Tuttavia, se rivestono i caratteri di gravità, precisione e concordanza, possono costituire prova presuntiva idonea a fondare e motivare l’atto di accertamento (Cassazione 1139/2019).

Accertamenti analitico-induttivi o induttivi-extracontabili
Con riferimento alla documentazione reperita presso terzi, la direttiva tratteggia un quadro giurisprudenziale secondo cui tali documenti sono idonei a fondare, con pochi limiti, sia rettifiche analitiche sia accertamenti analitico-induttivi o induttivi-extracontabili.
Con riferimento agli accertamenti analitici, è la stessa normativa a consentire l’utilizzo di dati e notizie raccolti presso terzi purché assumano valenza di prova certa e diretta dell’esistenza di specifiche infedeltà dichiarative del soggetto collegato.

Sotto questo profilo, la direttiva ricorda la giurisprudenza della Suprema corte che legittima la rettifica basata su:
verbali di ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti (Cassazione 24433/2008; 14995/2017);
risposte a questionari inviati a soggetti con i quali si ritiene che il contribuente abbia intrattenuto rapporti economici (Cassazione 16706/2015).

Va da sé che i dati raccolti presso terzi, anche laddove abbiano solo valenza presuntiva, possono supportare le rettifiche analitiche conseguenti all’ispezione della contabilità del contribuente (Cassazione 25476/2018).

Valido elemento indiziario
Il documento prosegue evidenziando che la documentazione rinvenuta presso terzi può rappresentare un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, idoneo a fondare la rettifica con metodo analitico-induttivo. Al riguardo, il documento cita talune fattispecie avallate dalla giurisprudenza di legittimità:
la documentazione reperita presso la casa di abitazione di altro soggetto (Cassazione 2675/2007);
il brogliaccio rinvenuto nell’automezzo di proprietà del contribuente (Cassazione 2804/2011);
le fatture rinvenute presso un soggetto terzo ma non contabilizzate dal soggetto controllato (Cassazione 7314/2006, che peraltro afferma l’irrilevanza, come prova contraria, della querela di falso presentata dalla società accertata).

Infine, la direttiva cita la giurisprudenza che ha confermato l’utilizzo del metodo induttivo extra-contabile basato su documenti rinvenuti presso soggetti terzi, tali da inficiare l’attendibilità di tutti i dati contabili: il caso tipico è quello la contabilità “parallela” dell’imprenditore rinvenuta presso terzi (Cassazione 17365/2009).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©