Il CommentoProfessione

Il compenso è equo se a misura del professionista

di Gaetano Stella

La ripresa dell'esame della proposta di legge in materia di equo compenso delle prestazioni professionali alla Camera è senza dubbio una buona notizia, perché il diritto all'equo compenso rappresenta un ineludibile strumento di attuazione della Costituzione nella prospettiva di uguaglianza tra lavoratori.

Se da un lato il progetto di legge mira a eliminare le distorsioni contrattuali tra professionisti e committenti “forti”, dall’altro rappresenta la garanzia di un corretto equilibrio economico tra imprese, finanza, Pa e professionisti, come emerge dal lavoro della Consulta del lavoro autonomo del Cnel, punto di mediazione tra tutte le parti sociali coinvolte.

Anzitutto bisogna partire dall'individuazione della platea professionale e del perimetro di applicazione della norma. L'intento del legislatore mira giustamente a una completa equiparazione tra le professioni ordinistiche e non. È pacifico che l'equo compenso non possa riguardare tutti i rapporti professionali e, quindi, rispolverare l'obsoleto sistema “tariffario”, già superato dal principio della libera pattuizione dei compensi e in netto contrasto con gli orientamenti della Corte di giustizia europea.

Tuttavia, il provvedimento all'esame della Camera prevede l'applicazione dell'equo compenso ai contratti stipulati con banche, assicurazioni, con grandi e medie imprese, con la Pa a condizione che siano stipulati attraverso “convenzioni”. Al di là dei dubbi di legittimità e di opportunità di modelli convenzionali predisposti dagli Ordini, è necessario che si faccia riferimento anche a rapporti professionali “individuali”, relativi cioè a una singola prestazione, che rappresentano la maggior parte degli incarichi attribuiti dalla Pa ai professionisti.

Rimanendo sempre nel perimetro di applicazione della norma la nuova disciplina non potrà eludere i rapporti tra professionisti e Pa, in ogni sua declinazione, incluse le società partecipate, gli agenti della riscossione e i soggetti che operano nell'ambito dei
contratti pubblici.

Incomprensibile è il capitolo dedicato agli strumenti di controllo e alle sanzioni a carico del professionista contenuta nella proposta di legge Meloni.

Va chiarito anzitutto che l'azione in giudizio spetta solo al professionista, parte debole del rapporto contrattuale. Quindi, risulta incomprensibile l'impostazione che ravviserebbe nella violazione dell'equo compenso una causa di illecito disciplinare deontologico a carico del professionista iscritto a un ordine professionale. È paradossale che invece di punire il committente che non applica l'equo compenso venga sanzionato il professionista.