Il nodo imposte da recuperare
L’articolo 5 del Dl 193/2016 ha “confinato” l’articolo 38 del Dpr 602/1073 a ipotesi di scarsa rilevanza, o questa norma ha ancora un ruolo per il recupero di imposte indebitamente versate da parte del contribuente? Nonostante il tema sia stato più volte sollevato anche su queste pagine (nonché da Assonime, circolare 3/2017), né il legislatore né l’Agenzia hanno chiarito il campo d’azione delle nuove dichiarazioni integrative “oltre l’anno”. Fattispecie quali l’assenza del presupposto Irap (si pensi all’avvocato con segretaria part time) o la statuizione, da parte della Cassazione, di principi favorevoli ai contribuenti potenzialmente retroattivi, vanno gestiti con la tradizionale istanza di rimborso o con la (più rapida ed efficace) dichiarazione integrativa oltre l’anno?
Pur rammentando che la Cassazione ha sempre accostato le dichiarazioni integrative anche agli «errori di diritto» e non solo a quelli «di fatto», il dibattito è aperto. In attesa di chiarimenti, propendere per l’integrativa potrebbe portare a utilizzare in compensazione (passando attraverso la dichiarazione richiesta dall’articolo 5 del Dl 193/2016) un credito che l’Agenzia – sposando la tesi dell’obbligatorietà dell’istanza di rimborso – potrebbe qualificare come «non spettante» (ove non «inesistente») con il conseguente recupero di sanzioni e di interessi. È pur vero che «resta ferma in ogni caso per il contribuente la possibilità di far valere, anche in sede di accertamento o di giudizio, eventuali errori, di fatto o di diritto, che abbiano inciso sull’obbligazione tributaria, determinando l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o, comunque, di un minore credito» (principio che la Cassazione ha sempre applicato con riferimento al rimborso Irap), ma il passaggio da un possibile contenzioso attivo a uno passivo non sarebbe certamente ben accolto dai contribuenti interessati. Poiché non va dimenticato che i termini per fruire dell’uno o dell’altro strumento sono diversi (48 mesi dal versamento per l’istanza di rimborso, lo spirare dei termini di accertamento per l’integrativa), l’Agenzia deve quanto prima far conoscere il proprio pensiero, al fine di evitare che esploda il contenzioso. Con l’occasione si potrebbe coordinare queste norme con la disciplina della “remissione in bonis” di cui all’articolo 2 del Dl 16/2012, altra opportunità offerta al contribuente di emendare i propri errori, nel caso specifico con riferimento a regimi opzionali di favore.
Con riferimento all’ Iva, invece, non è per nulla chiaro come il termine lungo per le integrative a favore si ponga con riferimento alle regole generali sulla detraibilità del tributo, oggetto tra l’altro di modifica con il Dl 50/2017. L’articolo 19, comma 1, del Dpr 633/72 detta una tempistica molto precisa sul diritto alla detrazione e non è scontato che gli Uffici accettino la prevalenza su di essa della disciplina dell’integrativa a favore, pur se ciò risulterebbe auspicabile ai fini della tutela del diritto del soggetto passivo a non rimanere inciso dal tributo. Va chiarito, in particolare a seguito del Dl 50/2017, se l’integrativa a favore consente anche il recupero di detrazioni che sarebbero «fuori termine» sulla base delle regole generali, o se, decorso tale periodo, essa vada limitata a errori differenti, quale ad esempio quello sul calcolo del pro rata, perdendo, quindi, gran parte del suo ruolo.