Adempimenti

Interpello disapplicativo, l’incognita della presentazione prima che la fusione sia efficace

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di Angelo Conte

L’istanza di interpello disapplicativo va inoltrata, in base all’articolo 2, comma 2, del Dlgs 156/2015, entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui la fattispecie si manifesta. Se da una parte la norma stabilisce un termine massimo per la presentazione dell’istanza, dall’altra nulla viene disposto relativamente al momento a partire dal quale l’interpello può essere proposto. Nella pratica, a volte può accadere che l’agenzia delle Entrate talvolta respinga alcune istanze ritenendole “eccessivamente preventive”.

A seguito della riforma della disciplina degli interpelli avvenuta tramite il Dlgs 156/2015, emanato in attuazione della legge delega per la riforma fiscale, il legislatore delegato ha lasciato all’interpello disapplicativo un’area molto più ristretta rispetto al passato. In base all’articolo 11, comma 2, della legge 212/2000 (Statuto del contribuente) che disciplina tale tipologia di interpello, il contribuente può interpellare l’Amministrazione finanziaria per la disapplicazione di norme tributarie che allo scopo di contrastare comportamenti elusivi limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario.

La casistica tipica di interpello disapplicativo, unica forma a conservare il requisito dell’obbligatorietà, è rappresentata dalle istanze volte a disapplicare le disposizioni che limitano il riporto delle perdite fiscali in caso di fusione, qualora il test di vitalità ovvero il limite del patrimonio netto, previsti dall’articolo 172 del Tuir, non vengano soddisfatti. Ai fini della disapplicazione e quindi del riconoscimento del diritto di riporto delle perdite fiscali, il contribuente è chiamato a dimostrare che nella fattispecie concreta gli effetti elusivi non possono verificarsi.

Venendo alla tempistica, nella situazione sopra prospettata, risulta essere pacifico che il contribuente è tenuto alla presentazione dell’istanza di interpello entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui la fusione ha efficacia. Quindi, volendo fare un esempio, nel caso in cui avessimo una fusione perfezionata nel 2018, il limite massimo per la presentazione dell’interpello disapplicativo sarà il 2 dicembre 2019 (cadendo il 30 novembre di sabato), data ultima per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2018. In assenza di indicazioni normative e di prassi, il problema che tuttavia si pone è il momento a partire dal quale è possibile presentare l’istanza di interpello disapplicativo.

Nella pratica, risulta che alcune Direzioni regionali respingano gli interpelli disapplicativi presentati prima che la fusione abbia efficacia da un punto di vista civilistico, ancorché la presentazione avvenga successivamente all’approvazione del progetto di fusione da parte dei consigli di amministrazione delle società interessate dall’operazione. In particolare, tali istanze vengono dichiarate inammissibili, in quanto sarebbe preclusa all’amministrazione finanziaria la possibilità di effettuare una valutazione compiuta della situazione economica e patrimoniale delle società interessate dalla fusione. In altri termini, l’inammissibilità sarebbe connessa ad un’eccessiva preventività.

Sul punto l’orientamento delle direzioni regionali non risulta essere uniforme e talvolta vengono accolte delle istanze presentate anteriormente al momento di efficacia civilistica della fusione. A tal proposito, va rilevato che, se da una parte risulta comprensibile la cautela dell’Amministrazione finanziaria volta ad appurare situazioni definite ed evitare possibili abusi, dall’altra sarebbe auspicabile che il contribuente avesse delle indicazioni precise circa il momento a partire dal quale l’interpello disapplicativo possa effettivamente essere presentato senza rischiare di incorrere nel difetto di inammissibilità.

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