Imposte

Iva sempre al pagamento del credito ceduto

La risposta a interpello 163: nel fallimento il cessionario deve versare l’imposta solo al riparto del piano

di Anna Abagnale e Simona Ficola

Nel caso di cessione del credito, se il debitore ceduto è una società in fallimento, il pagamento del credito nei confronti del cessionario segna il momento impositivo ai fini Iva. Se il fallimento della società cedente anticipa il fallimento del debitore ceduto e il tribunale non dispone nel senso di tenere in vita la partita Iva della società, al fine di ottemperare agli obblighi di fatturazione e versamento dell’imposta, il curatore dovrà procedere all’apertura di una nuova partita Iva per la cedente.

Con la risposta a interpello 163/2021 di lunedì 8 marzo, l’agenzia delle Entrate si pronuncia su vari temi di rilievo in materia di Iva che vanno dal generale - l’esigibilità dell’imposta in riferimento alle prestazioni di servizi - al particolare - cessione del credito vantato nei confronti del debitore sottoposto a procedura concorsuale, obblighi del curatore nel caso chiusura anticipata del fallimento della società cedente.

Procedendo con ordine, le Entrate chiariscono che, in relazione alle prestazioni di servizi, sia il momento di effettuazione dell’operazione sia l’esigibilità dell’Iva coincidono con l’effettivo pagamento del corrispettivo. La cessione del credito ad un terzo effettuata prima del suddetto pagamento, non anticipa il momento impositivo. Sicché l’obbligo di emettere fattura e versare l’imposta per il cedente creditore scatterà solo al momento del pagamento (successivo) del debitore ceduto nei confronti del creditore cessionario. Nel caso specifico, essendo il debitore ceduto una società in fallimento, il pagamento del credito avverrà nei confronti del cessionario al momento del riparto dell’attivo fallimentare. La procedura fallimentare dovrà comunicare al cedente la data di esecuzione del pagamento effettuato in favore del cessionario, per consentirgli l’effettuazione degli anzidetti adempimenti.

Al riguardo si osserva che le Entrate applicano pedissequamente la norma nazionale in tema di esigibilità dell’Iva. In senso opposto, si segnala che la Cassazione (sentenza 26650/2020) ha osservato che una lettura stringente dell’articolo 6, comma 3, del Dpr 633/72 nel senso di far coincidere il presupposto oggettivo dell’imposizione dell’Iva con il pagamento del corrispettivo piuttosto che con il momento della relativa materiale esecuzione del servizio confliggerebbe con la disciplina unionale dell’Iva.

Tornando al caso in specie, qualora il fallimento della società cedente si estingue anticipatamente rispetto al riparto e alla chiusura del fallimento del debitore ceduto, ossia rispetto al momento impositivo della prestazione resa, le Entrate osservano che potrebbero aprirsi due diversi scenari:

1) se il tribunale decide, in via cautelativa, di non disporre la cancellazione della società dal registro delle imprese, il curatore fallimentare della stessa avrà la possibilità di assolvere gli obblighi fiscali secondo le regole ordinarie;

2) se il tribunale dispone la cancellazione della società, a seguito del pagamento al cessionario delle somme dovute dal debitore ceduto, derivanti dal riparto fallimentare della stessa, il curatore dovrà procedere all’apertura di una nuova partita Iva per la cedente, per poter ottemperare a tutti gli obblighi di fatturazione e versamento. Dal canto suo, il debitore ceduto avrà l’onere di regolarizzare l’operazione, a fronte dell’omessa fatturazione da parte del curatore (articolo 6, comma 8, del Dlgs 471/97).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©