Diritto

L’ad della capogruppo può rispondere per colpa di fatti della controllata

Determinante la valutazione dei poteri esercitati dagli amministratori nel perimetro della holding

di Giovanni Negri

Possibile l’attribuzione di una responsabilità per colpa anche a carico dell’amministratore delegato della capogruppo per fatti verificatisi in una controllata. Lo afferma la Cassazione in uno dei passaggi più giuridicamente innovativi della sentenza n. 32899, depositata il 6 settembre con le motivazioni del dispositivo, anticipato a gennaio, sulla strage di Viareggio, verificatasi il 29 giugno del 2009, con il gravissimo bilancio di 32 morti. La pronuncia ha fatto cadere le imputazioni per omicidio colposo, cancellando l’aggravante del mancato rispetto della normativa in materia di sicurezza del lavoro, e ha imposto un nuovo processo per disastro ferroviario colposo a carico, tra gli altri, dell’allora ad di Ferrovie Mauro Moretti.

Le motivazioni alla base del rinvio sottolineano, in consapevole dissonanza rispetto a «buona parte della dottrina», che «nè i poteri di direzione e di coordinamento nè l’autonomia giuridica degli organi di gestione delle controllate sono ontologicamente incompatibili con la titolarità, in capo all’amministratore della capogruppo, di una competenza inerente eventuali aree di rischio connesse all’attività d’impresa». Determinante in questo senso un’attenta valutazione del contenuto concreto dei poteri detenuti, senza una sopravvalutazione del dato formale.

Si ipotizzi, esemplifica la Cassazione, il caso di una capogruppo che definisca criteri di indebitamento delle controllate che risultino oggettivamente incompatibili con la sostenibilità delle spese richieste dalla messa a norma degli impianti sotto il profilo della sicurezza del lavoro e che, nella giuridica possibilità degli amministratori della controllata di deliberare un indebitamento in contrasto con quei criteri, tuttavia vi si adeguano. «Sul piano penalistico - osserva la sentenza - non sembra che l’autonomia degli amministratori della controllata sia di ostacolo alla ipotizzabilità di una responsabilità degli amministratori della capogruppo per avere adottato deliberazioni conducenti alla violazione della disciplina antinfortunistica».

È «agevole», avverte ancora la Corte, riconoscere all’amministratore delegato della capogruppo un insieme di poteri in grado di incidere sulla gestione del rischio affidata sul piano operativo alle società controllate. Certo, nella pratica le situazioni che possono venire a crearsi possono essere le più diverse quanto a declinazione dei poteri di direzione e controllo, basti pensare ai casi di semplice partecipazione finanziaria per finire a quelli delle holding “miste”.

Così, per la Cassazione, accanto all’ipotesi, ampiamente ammessa, nella quale l’amministratore delegato della capogruppo risponde per avere consapevolmente determinato l’ad della controllata alla violazione della legge penale, approfittando della sua posizione di leadership all’interno del raggruppamento societario (caso riconducibile al concorso nel reato), e all’ipotesi dell’ad della capogruppo che ha operato come manager di fatto della controllata, «si dà l’ipotesi di una responsabilità “diretta” dell’amministratore della capogruppo per l’esercizio “colposo” dei poteri di direzione e coordinamento».

La Cassazione avvalora così la ricostruzione della Corte d’appello di Firenze che, nell’affermare la responsabilità di Moretti, valorizzò il fatto che lo statuto della capogruppo assegnasse alla medesima non solo compiti di holding di partecipazione, ma anche quelli di holding operativa e gestoria. Militano in questo senso elementi come la collocazione del risanamento del gruppo tra gli obiettivi della controllata, la sottoposizione alla capogruppo delle scelte fondamentali di gestione, la sovranità limitata dell’ad della controllata.

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