Diritto

L’esperto indipendente valuta l’efficacia del piano di crisi

Al professionista nominato il compito di agevolare soluzioni. Ruolo cruciale nella procedura negoziale con i creditori

di Paolo Rinaldi

Il contenuto del decreto dirigenziale emanato giovedi dal ministero della Giustizia conferma la natura consulenziale dell’incarico dell’esperto: si tratta di una figura imparziale, indipendente, ma certamente cui vengono richieste esperienza, capacità tecnica, negoziale e di relazione.

Sono caratteristiche tipiche di ogni advisor di rilievo, ma che - ove posizionate in capo ad un soggetto che operi senza dubbio alcuno nell’interesse di tutte le parti – garantiscono un apporto di sicuro pregio ad un contesto, quello della negoziazione con i creditori, troppo spesso condizionato dalla sfiducia reciproca e da una frequente inadeguatezza qualitativa nella preparazione degli advisors.

Questi ultimi vengono selezionati dall’imprenditore in un contesto di evidente asimmetria informativa da parte di quest’ultimo – non avvezzo a situazioni di crisi – e talvolta non dispongono di competenze, relazioni ed esperienza sufficienti ad evitare un appiattimento sulle posizioni del proprio cliente, per timore di perdere la relazione storica con l’imprenditore. Circostanze come queste minano le negoziazioni, e rendono necessaria la presenza di figure terze, garanti della reciproca fiducia e correttezza.

Il decreto dirigenziale chiarisce ulteriormente il ruolo dell’esperto, il quale – come peraltro già recita il testo del quinto comma dell’articolo 5 del Decreto legge 118 – «prospetta le possibili strategie di intervento fissando i successivi incontri con cadenza periodica ravvicinata»: queste prerogative, tipiche di ogni advisor, vengono attribuite all’esperto non nella direzione di sostituirsi all’advisor del debitore, ma di aiutarlo a mantenere la barra del timone verso spiagge cui sia possibile l’approdo. Evitare proposte irricevibili, o basate su presupposti irrealizzabili, posizionare l’ago della bilancia il più possibile verso la metà, è il compito dell’esperto.

Per questa ragione a lui compete rivalutare le ipotesi dell’imprenditore e dei suoi advisors: dal test per la risanabilità dell’impresa (che va ripreso integralmente dall'esperto e reso oggetto di esame critico) alla disamina del piano di risanamento e della sua rispondenza alle guidelines del decreto dirigenziale, dalle diverse proposte da formulare agli stakeholders sino alla selezione degli strumenti necessari per implementare tali proposte – l’intera struttura negoziale si impernia su un contributo essenziale dell’esperto.

Egli non è dunque uno spettatore – ruolo cui spesso paiono relegati i commissari giudiziali - ma deve invece prendere posizione espressamente rispetto alle proposte del debitore, agli strumenti informativi da questi utilizzati, all'intero percorso. Oltre ai numerosi pareri che è chiamato a predisporre in presenza delle diverse istanze che eventualmente l’imprenditore possa formulare (ad esempio sulle misure protettive, o sugli atti da autorizzarsi o la proposta di concordato semplificato), l’esperto è dunque vocato naturalmente ad intervenire non solo all’inizio ma anche nel corso della trattativa, al fine di mantenere sui giusti binari quest’ultima, verificando che le parti interagiscano nel rispetto dei doveri previsti dall’articolo 4 del Dl 118. Non stupisce dunque che l’esperto non sia soggetto alle sanzioni penali previste per l’attestatore – con il quale condivide certamente l’indipendenza – e che il percorso non preveda necessariamente la segnalazione al Pubblico ministero in caso di mancato raggiungimento di una soluzione negoziale alla composizione: il pieno dispiegarsi delle rilevanti competenze professionali dell’esperto (il percorso formativo non ha eguali in ambito negoziale rispetto a quello previsto per curatori e commissari) sarebbe stato forse limitato dal timore di un automatico ingresso del pubblico ministero in caso di insuccesso.

Sarà dunque l’esperto a vagliare, insieme agli advisors, non solo lo status iniziale dell’impresa – situazione contabile, cause della crisi – e il suo piano di risanamento, ma anche le proposte da formularsi alle singole controparti, ben delineate nell’allegato al decreto dirigenziale.

Quest’ultimo documento prevede inoltre, a garanzia dell’indipendenza dell’esperto nel corso delle trattative, che chi ha svolto l’incarico di esperto non possa intrattenere, successivamente all’archiviazione della composizione negoziata, rapporti professionali con l’imprenditore se non siano decorsi almeno due anni dalla archiviazione.

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