Adempimenti

L’integrativa a sfavore può ridurre la pretesa

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di Marco Nessi e Roberto Torelli

La dichiarazione dei redditi, in quanto mera esternazione di scienza, non ha valore confessorio e, pertanto, non costituisce fonte dell’obbligazione tributaria, ma è sempre emendabile per rettificare l’errata esposizione degli importi dovuti in corrispondenza dei righi del modello dichiarativo. È questo il principio affermato dalla Ctr di Milano nella sentenza 3374/19/2017 (presidente Cusumano, relatore Rota).

Nel caso in esame, a seguito di controllo formale ex articolo 36-ter del Dpr 600/73, l’agenzia delle Entrate notificava a una società una cartella di pagamento contestando l’errata esposizione nella dichiarazione dei redditi delle ritenute d’imposta relative all’anno 2009 e, di conseguenza, recuperando a tassazione una maggiore imposta Ires per 157.239 euro, oltre a sanzioni e interessi per oltre 246mila euro. Contro quest’ atto, la società presentava istanza di autotutela e, in questa sede, evidenziava che gli importi derivando da un contratto di c/c di corrispondenza sottoscritto con la controllante negli Usa, avrebbero dovuto transitare in corrispondenza del rigo RN13 quali crediti per imposte pagate all’estero per redditi ivi prodotti. Contestualmente, la società provvedeva a correggere il modello Unico 2010 presentando la dichiarazione integrativa a sfavore con il quadro CE correttamente compilato. In particolare, per effetto di questa rettifica, in corrispondenza del rigo RN13 il credito d’imposta era quantificato in misura pari a 148.793 euro (anziché 156.801,31), con conseguente minor credito Ires pari a 8.009 euro.

A seguito del ricorso della società, i giudici di primo grado confermavano la legittimità della pretesa erariale, rilevando l’assenza dei presupposti per il riconoscimento del credito d’imposta estero. In particolare, veniva evidenziata l’impossibilità di classificare gli importi ripresi a tassazione quali versamenti effettuati a titolo di ritenute d’acconto, e l’assenza di un pagamento effettuato a titolo definitivo intervenuto entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’annualità verificata.

In sede d’appello la società ribadiva le proprie ragioni, evidenziando che l’ufficio avrebbe dovuto riprendere a tassazione la sola imposta che risultava dovuta dopo la fruizione del credito d’imposta estero quantificato ai sensi dell’articolo 165 del Tuir.

In parziale accoglimento dell’appello, la Ctr ha prima evidenziato che, nel caso specifico, al di là della sua errata esposizione in dichiarazione, la pretesa impositiva avanzata non riguardava l’indicazione di un credito d’imposta considerato inesistente, dato che quest’ultimo era stato considerato come indebitamente esposto nella dichiarazione dei redditi 2009. Pertanto, considerato che la dichiarazione dei redditi, in quanto mera esternazione di scienza, non assume valore confessorio e che, nel frattempo, la società aveva già provveduto a rettificare il proprio comportamento mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa a sfavore, la sola somma accertabile doveva essere quantificata in 8.009 euro, corrispondente al minor credito Ires esposto in questa dichiarazione integrativa.

Ctr Milano 3374/8/2017

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