Il CommentoAdempimenti

La conferma del regime compromette la liquidità

di Michele Montinaro

Il meccanismo dello split payment, relativamente alla cessione di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nei confronti della pubblica amministrazione, prevede che l'imposta sia versata dagli enti stessi secondo modalità e termini fissati con decreto del ministro dell'Economia.

Ciò è quanto previsto dalla lettera b) del comma 629 della legge di Stabilità 2015 (la 190/2014, pubblicata sullaGazzetta ufficiale 300 del 29 dicembre 2014, supplemento ordinario 99) che ha introdotto nel corpo del Dpr 633/1972 il nuovo articolo 17 – ter, rubricato «Operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici».

La misura di deroga, di durata triennale, a partire dal 1° gennaio 2015, è stata riconosciuta dal Consiglio dell'Ue, con decisione 2015/1401 del 14 luglio 2015 e successivamente rinnovata in occasione dell'estensione dell'ambito soggettivo dello split payment, avvenuta a decorrere dal 1° luglio 2017 (per effetto delle modifiche ex articolo 1 del decreto legge50/2017) con decisione 784 del 25 aprile 2017 del Consiglio dell'Ue che ne ha autorizzato l'utilizzo sino alla data del 30 giugno 2020.

Ma proprio il suo carattere eccezionale ne avrebbe dovuto rendere transitoria l'applicazione. All'inizio se ne era supposto l'utilizzo“probabilmente” fino alla piena operatività dell'obbligo totale di fatturazione elettronica, che avrebbe potuto consentire di tornare alla normale configurazione del sistema comune Iva secondo la direttiva 112/2006/CE, ora derogata.

Attualmente l'obbligo di fatturazione elettronica è pienamente operativo dal 1° gennaio 2019, mentre la situazione di liquidità delle imprese con l'introduzione a regime fisso del meccanismo dello split payment si è via via fatta più critica.

Ciononostante, è notizia di questi giorni la richiesta di proroga dello split payment avanzata dal Governo italiano all'Unione europea. Essa desta non poche preoccupazioni in un comparto già profondamente scalfito dagli effetti della crisi economica che ha colpito la pubblica amministrazione e per giunta in un contesto generale connotato dalla carenza di liquidità degli enti locali, principali committenti delle aziende che si occupano dei servizi di igiene urbana.

Al pari di quanto sostenuto da altre associazioni di categoria appartenenti a Confindustria, anche Confindustria Cisambiente chiede con forza l'abrogazione di questo strumento che - da quando è in vigore - è stato in grado di drenare, si stima, 3 miliardi di euro all'anno alle imprese con il pretesto di combattere l'evasione fiscale, ma ha sostanzialmente rimpinguato le casse statali.

Nell'attuale contesto storico, che vede il nostro Paese rimborsare il credito Iva alle imprese entro 63 settimane contro la media europea di 16 settimane, è un atto scellerato quello di togliere ulteriore liquidità alle imprese, facendo leva su uno strumento la cui “provvisorietà” si protrae oramai da cinque anni!

Vice presidente e consigliere generale di Confindustria Cisambiente