Controlli e liti

La fattura per un’operazione inesistente non consente di produrre alcun reddito

La sentenza 2244/6/2020 della Ctp Caserta: alla contestazione sui costi mai sostenuti consegue che anche i ricavi devono essere considerati inesistenti

Nel caso di fatturazione per operazioni inesistenti, se l’Ufficio ritiene oggettivamente inesistente l’operazione ai fini Iva, deve parimenti escludere l’esistenza dell’eventuale ricavo ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, collegato ai costi ritenuti inesistenti. E così, se il ricorrente non ha mai acquistato il materiale per lo svolgimento della propria attività, evidentemente non l’ha svolta e, dunque, non ha potuto produrre alcun reddito. A stabilire questo principio è la Ctp Caserta con la sentenza 2244/6/2020.

La vicenda

L’agenzia delle Entrate di Caserta ha emesso un avviso di accertamento nei confronti di una società con il quale, per l’anno 2014, ha sostenuto l’utilizzazione di fatture relative ad operazioni inesistenti, perché emesse da una società ritenuta una “cartiera”. In questo modo ha contestato alla ricorrente di avere generato un costo fittizio relativamente alle imposte sui redditi e di avere generato un credito d’imposta fittizio ai fini dell’Iva.

La ricorrente, tra gli altri motivi di ricorso, si è difesa eccependo nel merito la violazione dell’onere della prova, in quanto non vi era prova che la società, che aveva emesso le fatture contestate, svolgesse nel 2014 la sua attività senza deposito e senza sede operativa; poiché le forniture oggetto dell’acquisto erano state utilizzate dalla ricorrente in appalti pubblici; le merci erano state regolarmente consegnate, fatturate e pagate e l’Ufficio non aveva fornito alcuna prova della consapevolezza in capo alla ricorrente dell’altrui frode. Per questo motivo, ha eccepito la violazione dell’articolo 8, comma 2, del Dl 16/2012 non potendo essere ritenuti imponibili, ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, i ricavi dichiarati e connessi alla vendita fittizia dei medesimi beni oggetto di acquisto simulato.

La decisione

La Ctp di Caserta ha accolto parzialmente il ricorso della contribuente. Ha ritenuto che in atti vi fosse la prova che le fatture contestate fossero riconducibili effettivamente ad operazioni ritenute inesistenti. Ed ha per questo riconosciuto indebita la detrazione dell’Iva.

Di contro ha, però, rilevato che l’Ufficio avrebbe dovuto escludere l’esistenza di un eventuale ricavo ai fini delle imposte dirette ed Irap collegato ai costi ritenuti inesistenti. Questo perché, se l’Ufficio ritiene che le operazioni di acquisto siano oggettivamente inesistenti ai fini Iva (e dunque mai realizzati), risulta evidente che anche i ricavi, derivanti dai predetti costi inesistenti, devono essere parimenti considerati inesistenti. In buona sostanza, per la Ctp, se il ricorrente non ha acquistato il materiale per lo svolgimento della propria attività, evidentemente non l’ha svolta e, dunque, non ha prodotto alcun reddito.

La conferma di questa impostazione è stata rinvenuta dai giudici di primo grado dal tenore letterale dell’articolo 8, comma 2, del Dl 16/2012 in base al quale, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi. In tal caso, si applica la sanzione amministrativa dal 25 al 50 per cento dell’ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi.

L’inserimento di questa previsione da parte del legislatore, che nel 2012 ha apportato importanti modifiche in tema di «costi da reato», ha sicuramente reso più effettivo il principio di capacità contributiva previsto dall’articolo 53 della Costituzione, e pertanto merita di essere condivisa.

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