Adempimenti

Verso Telefisco / La nuova procedura Cig cambia veste e tenta l’accelerazione

Le nuove regole per porre rimedio alla lentezza delle procedure

di Enzo De Fusco

Oltre 4 milioni di lavoratori sono stati interessati dal pagamento diretto della cassa integrazione. Tuttavia, la procedura sin da subito si è caratterizzata per essere molto complessa e, dunque, anche molto lenta. La cassa in deroga è stata quella però che ha subito le maggiori penalizzazioni e i motivi sono diversi.

Le “piccole”

Questo strumento si è caratterizzato per avere un doppio passaggio nella presentazione delle domande. Le microimprese, ad esempio, sono state costrette a presentare le domande sul portale delle Regioni di riferimento e successivamente sono state costrette ad intrattenere ulteriori fasi con l’Inps al fine di procedere con il pagamento. Più di qualche disguido è accaduto in questa fase poiché i numerosi strumenti introdotti e la poca chiarezza da parte delle circolari, ha contribuito a generare il caos tra tutti gli operatori coinvolti.

Le “grandi”

È andata peggio alle grandi imprese plurilocalizzate. In questo caso, le aziende dovevano fare una prima domanda al ministero del Lavoro e una successiva domanda all’Inps per indicare sostanzialmente le stesse informazioni. I dipendenti della grande distribuzione organizzata sono quelli che hanno subito più ritardo a ricevere la cassa integrazione e ancora molti di essi non l’hanno ricevuta.Questa impostazione ha di fatto ritardato il pagamento delle prime 9 settimane di sussidio pubblico e quindi, il Governo è corso ai ripari per velocizzare le ulteriori 9 settimane di cassa introdotte dal decreto Rilancio.

La corsa ai ripari

Con l’articolo 22-quater del Dl 18/2020 è stato stabilito che in caso di pagamento diretto richiesto per Cigo, Fis o Cigd bisognava attendere almeno 30 giorni (ossia, 18 giugno) prima di poter utilizzare la nuova procedura accellerata.La norma prevedeva che le domande dell’aziende avrebbero dovuto essere presentate direttamente all’Inps entro il quindicesimo giorno dall’inizio del periodo di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, unitamente ai dati essenziali per il calcolo e l’erogazione di una anticipazione della prestazione ai lavoratori, con le modalità indicate dall’Inps. L’Inps autorizza le domande e dispone l’anticipazione di pagamento del trattamento entro 15 giorni dal ricevimento delle domande stesse. La misura dell’anticipazione è calcolata sul 40% delle ore autorizzate nell’intero periodo. Il datore di lavoro invia, in ogni caso, all’Inps tutti i dati necessari per il saldo dell’integrazione salariale, secondo le modalità stabilite dall’Istituto, entro 30 giorni dell’erogazione dell’anticipazione di cui al presente comma. Con questa procedura, di fatto, i lavoratori avrebbero ricevuto l’acconto dopo due mesi dall’assenza e il saldo dopo quattro mesi. Preso atto che anche questa procedura poteva essere ulteriormente migliorata, l’articolo 1 del Dl 52/2020 è intervenuto nuovamente.

Indipendentemente dallo strumento utilizzato, in caso di pagamento diretto il datore di lavoro è obbligato ad inviare all’Inps tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro il termine di 30 giorni dall’adozione del provvedimento di concessione.

I nuovi termini

Quindi, significa che per le assenze di maggio il termine ultimo dovrebbe essere il 30 giugno ovvero una data successiva se il provvedimento di autorizzazione non è ancora arrivato. Peraltro, la norma contiene anche un regime transitorio secondo cui, in sede di prima applicazione, la domanda può essere presentata entro il 17 luglio se tale data è posteriore a quella ordinaria.

Questo articolo fa parte della serie di anticipazioni allo Speciale Telefisco del 23 giugno: leggi gli articoli dei relatori e vedi il programma del webinar e degli altri otto appuntamenti


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