Controlli e liti

La presunzione fiscale sui versamenti non giustificati dal professionista vale per il sequestro

immagine non disponibile

di Romina Morrone

La presunzione legale tributaria prevista dall’articolo 32 del Dpr 600/1973 costituisce (ancora) indizio idoneo ad integrare il fumus commissi delicti per disporre la misura cautelare reale in sede penale, se il professionista, socio di uno studio legale, non dimostra in modo analitico l’estraneità dei versamenti sul suo conto corrente ai fatti imponibili. Lo ha chiarito la Cassazione nella sentenza 26274/2018 .

Il Tribunale cautelare ha annullato il decreto di sequestro preventivo delle somme di denaro e dei beni di un avvocato, ritenendo che non sussisteva il fumus commissi delicti in relazione al reato di dichiarazione infedele (articolo 4 del Dlgs 74/2000). Ciò in quanto, a seguito della pronuncia della Costituzionale e delle modifiche normative introdotte dal Dl 193/2016, convertito dalla legge 225/2016, era stata abolita la presunzione legale ex articolo 32, comma 1, n. 2, del Dpr 600/1973 rispetto agli accertamenti bancari sui conti correnti dei professionisti. Di diverso avviso la Cassazione che ha rilevato che il Tribunale aveva escluso il fumus interpretando erroneamente la portata della presunzione ex articolo 32, comma 1, del Dpr 600/1973.

Nel caso esaminato, i giudici di legittimità sono stati chiamati ad esaminare la norma tributaria al fine di valutarne gli effetti in sede penale. Al riguardo, hanno ribadito che le presunzioni legali previste dalle norme tributarie, pur non potendo costituire di per sé fonte di prova della commissione dei reati previsti dal Dlgs 74/2000, hanno valore indiziario sufficiente ad integrare il fumus, in assenza di elementi contrari a giustificare l’applicazione della misura cautelare. Hanno chiarito, quindi, i termini di applicazione della norma extrapenale tenendo conto che, per orientamento di legittimità della sezione tributaria, la presunzione legale di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti correnti bancari, si estende anche ai compensi dei professionisti, e che, a seguito della sentenza 228/2014 della Corte costituzionale, le operazioni bancarie di versamento hanno valore presuntivo di maggiore diponibilità reddituale nei confronti di tutti i contribuenti, professionisti compresi, se gli stessi non ne provano in modo analitico l’estraneità ai fatti imponibili. Infine, la Corte ha concluso che, nella controversia, ratione temporis, non rilevavano le norme intervenute nel 2016.

Cassazione, sentenza 26274/2018

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©