Adempimenti

Le Entrate: anche le vecchie carte provano la cessione intraUe

Per la circolare 12/E solo i nuovi documenti chiesti dal regolamento Ue 1912/18 creano una presunzione

Nella prova della cessione intracomunitaria è definitivamente chiaro che l’impianto documentale previsto dalla previgente normativa sopravvive al regolamento unionale, anche se l’amministrazione rimane arbitro sulla determinazione dell’idoneità dei documenti prodotti. Questa discrezionalità viene meno solo nel caso di rispetto delle nuove regole previste dall’articolo 45-bis del Regolamento 1912/2018 che creano a favore del contribuente una specifica presunzione. Questo è il principio richiesto da più parti e rilasciato dall’agenzia delle Entrate con la circolare 12/E, circolare che chiarisce e riordina le posizioni espresse in casi specifici dalla stessa Agenzia con successive risposte.

La pronuncia di prassi era necessaria a seguito dell’entrata in vigore nel nostro ordinamento, dallo scorso 1° gennaio 2020, del nuovo articolo 45-bis del Regolamento Ue di esecuzione n. 282/2011. In particolare, il legislatore unionale, ha introdotto con la citata norma una presunzione legale circa l’avvenuto trasporto dei beni in ambito comunitario. Il possesso dei documenti, distintamente indicati dall’articolo 45-bis, permette all’operatore di essere blindato rispetto alla prova che l’operazione di cessione intracomuntaria realizzata, sia stata correttamente eseguita senza applicazione dell’Iva, in regime di non imponibilità. L’emissione di una fattura non imponibile, infatti, è possibile solo a condizione che sussistano determinati requisiti fra cui, oltre all’onerosità dell’operazione, al trasferimento del diritto di proprietà o altro diritto reale sui beni, allo status di operatore economico del cedente e del cessionario, vi sia l’effettiva movimentazione del bene dall’Italia ad un altro Stato membro.

Ebbene, affinché sia comprovata l’effettiva uscita dal territorio domestico dei beni oggetto di cessione, il legislatore unionale ha individuato una serie di documenti da cui si presume che l’operazione sia stata effettivamente realizzata e, in caso di eventuale contestazione, la prova contraria deve essere fornita dall’Amministrazione finanziaria.

Pur confermando che la presunzione legale opera solo al sussistere dei documenti individuati dal regolamento, l’Agenzia chiarisce che in difetto non viene meno la non imponibilità dell’operazione a patto che il contribuente sia in grado di dimostrare che l’operazione sia realmente avvenuta. Nella circolare sono elencati i documenti che il contribuente deve comunque possedere affinché sia in grado di fornire questa prova: il Cmr o documento di trasporto, conservato unitamente alle fatture di vendita, alla documentazione bancaria attestante le somme riscosse per le cessioni, agli accordi contrattuali e agli elenchi Instrastat.

Resta inteso che il possesso di tali documenti non è sufficiente per l’operatore al fine di ottenere la presunzione legale; pertanto, stante la necessità di dover comunque conservare diversi documenti probatori, è senz’altro preferibile far riferimento a quanto richiesto dalla norma unionale, al fine di invertire l’onere della prova in capo all’Amministrazione finanziaria.

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