Controlli e liti

Lettere d’intento ritenute invalide: effetti a cascata da monitorare

Vanno meglio precisati gli effetti del blocco sulle fatture già emesse

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di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri

Invalidazione delle lettere d’intento, inibitoria per nuovi invii e scarto delle fatture a fronte di una lettera invalidata. Sono i tre pilastri della lotta alla frode del falso esportatore abituale, impostata dalla legge di Bilancio 2021 e attuata con il provvedimento 293390/2021, le cui disposizioni sono efficaci dal 1° gennaio 2022, ma con possibile effetto sulle lettere d’intento ricevute l’anno scorso a valere sulle operazioni 2022.

I controlli e l’analisi del rischio (orientata ai criteri indicati al punto 1.3 del provvedimento) riguardano tutte le lettere d’intento presentate e proseguono periodicamente. Ed è proprio il profilo temporale dei meccanismi di reazione del Fisco che desta qualche perplessità e che andrebbe adeguatamente illustrato. Si rischia altrimenti di continuare a penalizzare i fornitori degli esportatori abituali, i quali dall’emissione di fatture non imponibili non traggono alcun vantaggio, visto che tali operazioni non consentono a loro volta di acquistare beni o servizi senza applicazione dell’Iva.

Nessun problema si pone con l’inibitoria all’invio di nuove lettere d’intento. Il fornitore, infatti, non trovando nel proprio cassetto fiscale la lettera d’intento del cliente, non dovrebbe emettere fatture senza addebito dell’imposta.

Lineari sono anche le conseguenze dell’emissione di una fattura elettronica senza Iva che porti il protocollo di ricezione di una lettera d’intento già invalidata. Lo Sdi rifiuta la fattura, ne motiva le ragioni nella ricevuta di scarto e obbliga così il fornitore alla riemissione del documento con Iva.

Più complessa la questione quando la lettera d’intento è invalidata successivamente all’emissione della fattura. Il fatto che sia prevista la comunicazione dell’invalidazione via Pec al fornitore, oltre che all’esportatore, porta a ritenere che siano a rischio anche le fatture emesse quando la lettera d’intento risultava valida. Se l’invalidazione valesse solo per le fatture successive, non vi sarebbe infatti bisogno di comunicare alcunché al fornitore. Basterebbe lo scarto della fattura emessa con il protocollo della lettera “viziata”.

L’invalidazione a posteriori apre scenari delicati, perché si può dedurre che occorra rettificare – addebitando l’Iva – tutte le fatture emesse in relazione alla lettera invalidata. Il che, oltre a porre dubbi sul momento in cui tale regolarizzazione debba essere eseguita per evitare sanzioni, potrebbe lasciare scoperto il fornitore. Non è infatti detto che quest’ultimo riesca a incassare quanto addebitato successivamente al cliente. Per salvaguardare sia la buona fede del fornitore (che sia estraneo alla frode; si veda Il Sole 24 Ore del 10 dicembre) sia le ragioni erariali, potrebbe essere precisato che l’onere della regolarizzazione sia a carico solo dell’esportatore abituale con le modalità in uso (risoluzione 16/E/2017), senza penalizzare chi ha applicato il regime di non imponibilità in un momento in cui ce n’erano tutti i presupposti.

Un altro aspetto da chiarire è come trattare le fatture già emesse se, a seguito della documentazione presentata dall’esportatore abituale, le Entrate rimuovessero il blocco sulla lettera invalidata. Il provvedimento prevede solo che gli effetti dell’invalidazione, con le conseguenze già esaminate, non sono sospesi a seguito delle informazioni fornite. Per esigenze di certezza e semplificazione l’agenzia delle Entrate potrebbe confermare che le fatture emesse direttamente con Iva (vigente il blocco) o regolarizzate applicando l’imposta a seguito della comunicazione del blocco, non vadano rettificate in diminuzione dopo la sua rimozione.

Altrettanto legittime, in quanto sanate dall’autotutela del Fisco, andrebbero considerate le fatture emesse senza Iva (prima del blocco) e non regolarizzate dopo l’invalidazione.

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