Misure cautelari sulla base delle presunzioni legali
Il presupposto per il sequestro preventivo è sostanzialmente la sussistenza di un’ipotesi di reato tributario e va circoscritta all’imposta ritenuta evasa poiché rappresenta il profitto del reato confiscabile in caso di successiva condanna. Per la sua richiesta non influisce né l'assenza di fraudolenza né la solidità patrimoniale del contribuente. Pertanto, l’eventuale buona fede ovvero l’elevata disponibilità di somme di denaro o altri beni idonei a garantire in caso di accertamento della responsabilità il debito che il contribuente ha con l’erario, non è sufficiente ad evitare la misura cautelare. Peraltro, secondo un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, le presunzioni legali vigenti in campo fiscale, pur non potendo costituire di per sé fonte di prova della commissione dei reati tributari, hanno un valore indiziario sufficiente a integrare il “fumus” del reato, ovvero la mera probabilità di effettiva consumazione dell’illecito, con la conseguenza che possono giustificare l’applicazione di una misura cautelare reale (Cassazione 26746/2015). Esistono però alcune ipotesi in cui è possibile richiedere il dissequestro dei beni o quanto meno la riduzione del vincolo. L’articolo 12 bis comma 2 del Dlgs 74/2000 prevede che la confisca non operi per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro. Secondo la giurisprudenza di legittimità se da un lato, nel corso della rateazione, può escludersi la confisca, dall’altro è legittimo il sequestro preventivo, poiché è volto a garantire il recupero delle somme qualora il versamento “promesso” non si verifichi (sentenza 35246/2017). La Cassazione ha poi chiarito che l’interessato può chiedere la riduzione del sequestro in misura corrispondente alle rate già pagate presentando specifica istanza al pm (sentenza 35781/2017). Vale a dire, che nell’ipotesi in cui fosse stato ordinato e disposto il sequestro per l’intero debito, senza cioè considerare eventuali versamenti già eseguiti, può esserne chiesta la riduzione, lasciando così sottoposto a tutela solo il valore corrispondente a quanto ancora dovuto. Per un orientamento della giurisprudenza di legittimità, confermato poi dalle Sezione unite (31617/2015), nel caso di estinzione del reato può essere comunque disposta la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato a condizione che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla responsabilità penale dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto sia rimasto inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio. Ciò tenuto conto della natura propria della confisca diretta come misura di sicurezza, cui non va garantita l’applicazione del principio di legalità, richiamato dall’articolo 7 Cedu. In altre parole, le Sezioni Unite hanno ritenuto in ipotesi di estinzione del reato legittima la confisca solo se diretta e non per equivalente. Ne consegue così che solo il sequestro preventivo sui beni costituenti profitto del reato può permanere.