Il CommentoAdempimenti

Necessario un conguaglio sulle perdite dell’intero anno

Il Parlamento potrebbe considerare un acconto l’importo richiesto con un conguaglio in Redditi 2021

di Primo Ceppellini e Roberto Lugano

Il provvedimento delle Entrate che approva istanza e relative istruzioni per la richiesta di contributo a fondo perduto ha alcuni pregi: la tempestività e la soluzione di alcuni problemi applicativi. Il provvedimento aiuta infatti a superare i dubbi interpretativi (ad esempio con le regole di calcolo per chi ha iniziato l’attività dopo il 1° gennaio 2019 o per chi ha un fatturato pari a zero nel mese di aprile 2019) o a ridurre gli adempimenti (autocertificazione anti mafia e compilazione del quadro con i dati dei soggetti alla verifica solo se il contributo spettante supera la soglia dei 150mila euro).

Per converso, come è ovvio, non può porre rimedio al principale limite e alle imprecisioni della norma di legge.

Dal punto di vista tecnico, la più grossa confusione nelle norme che interessano le diverse agevolazioni del decreto rilancio riguarda i parametri per definire le dimensioni delle imprese. Il decreto infatti mischia continuamente i termini: l’articolo 26 fa riferimento ai ricavi, il 27 al fatturato e il 25, che istituisce appunto il contributo, addirittura ad entrambi i concetti: ricavi per le dimensioni, fatturato per la riduzione rispetto al 2019. Fatto sta che il confronto tra mese di aprile 2020 e mese di aprile 2019 deve essere fatto sulla variabile «fatturato e corrispettivi», mai definita giuridicamente e riempita di contenuti solo con i richiami della circolare 9/E alle nozioni Iva. Nel provvedimento dell’Agenzia spicca il fatto che nel fatturato debbano essere ricomprese le cessioni di beni ammortizzabili. Questa precisazione è utile per fare chiarezza e anche perché, dal punto di vista letterale, queste operazioni danno luogo ad obblighi rilevanti ai fini Iva (per l’appunto, l’emissione della fattura). Inoltre è probabile che siano state più frequenti le cessioni di beni ammortizzabili nell’aprile 2019 rispetto a quelle del periodo di lockdown, e questo dovrebbe aiutare nei calcoli.

È sempre più evidente però che la scelta di un dato Iva, oltretutto riferito ad un solo mese dell’anno, non aiuta a raggiungere gli obiettivi di fondo. A nostro avviso infatti il principale limite dell’agevolazione è la casualità che talvolta determina il diritto al beneficio. Così, ad esempio, chi ha ceduto beni ammortizzabili nell’aprile 2019 è avvantaggiato nei calcoli, mentre chi ha fatto la stessa operazione nel 2020 rischia di non conseguire il calo necessario per accedere al contributo.

Ancora una volta sottolineiamo che il contributo dovrebbe avere quale base di riferimento un dato economico sostanziale (la perdita d’esercizio ovvero la riduzione di ricavi) che riguardi un periodo di tempo più ampio del mese di aprile e che non sia legata a variabili, come quelle Iva, che seguono logiche diverse da quelle economico-patrimoniali.

Il Parlamento avrebbe la possibilità di modificare in modo più logico il contributo, ad esempio considerando un acconto l’importo richiesto con questo provvedimento e prevedendo un conguaglio definitivo nella prossima dichiarazione dei redditi, determinato sulla base di perdite e riduzioni di ricavi dell’intero anno 2020.