Niente plafond per l’esportatore abituale che acquista un immobile
L'esportatore abituale che, in esecuzione di un contratto di appalto, “acquista” un immobile, non può avvalersi del plafond. Con il principio di diritto 14/2019 ( clicca qui per consultarla ), le Entrate confermano la tesi restrittiva che si pone in contrasto con precedenti posizioni della Cassazione. Viene poi ribadita la prevalenza del reverse charge, rispetto alla non imponibilità, per i servizi d’installazione d’impianti che formano parte integrante di un edificio e sono a esso serventi, resi all’esportatore abituale.
Secondo l’Agenzia, quando l’articolo 8, comma 1, lettera c), del decreto Iva esclude la possibilità di utilizzo del plafond per le cessioni di beni diversi dai fabbricati (e dalle aree edificabili), non intende escludere la sola categoria negoziale dei contratti traslativi ma anche tutti gli atti che comportano il trasferimento della proprietà dei beni (ovvero la costituzione di diritti reali di godimento) a titolo oneroso. Pertanto, qualora l’acquisizione dell’immobile avvenga in esecuzione di un contratto di appalto non è possibile fruire del plafond.
La posizione dell’amministrazione finanziaria diverge però dall’orientamento di cui ad alcune sentenze della Cassazione. È il caso della 7504 del 2016, secondo la quale le prestazioni derivanti dall’appalto per la realizzazione di un fabbricato, in quanto servizi, possono essere legittimamente detassate ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c), del Dpr 633/1972. Secondo i giudici, infatti, rientrano nel concetto di prestazioni di servizi (e non di cessione di beni) le operazioni che consistono nell’esecuzione di un lavoro, come la realizzazione di un opificio industriale.
L’utilizzo del plafond era poi stato riconosciuto anche con la sentenza 23329 del 2013, questa volta nell’ipotesi di leasing immobiliare, qualora la clausola del trasferimento della proprietà alla scadenza del rapporto contrattuale (riscatto) non abbia efficacia vincolante per entrambe le parti.
Via libera, invece, all’utilizzo del plafond quando i servizi acquistati sono relativi all’installazione d’impianti strettamente funzionali allo svolgimento dell’attività industriale, e non a impianti che formano parte integrante dell’edificio e sono a esso serventi. In quest’ultimo caso, infatti, trova applicazione il meccanismo del reverse charge (articolo 17, comma 6, lettera a-ter), Dpr 633/1972) che, in quanto misura antifrode, prevale rispetto al regime di non imponibilità previsto per gli esportatori abituali. Nel principio di diritto 14/2019 viene richiamata la circolare 37/E del 2015, nella quale era stato anche precisato che i servizi “naturalmente” non imponibili (come quelli resi in porti o aeroporti), ancorché riconducibili, in via di principio, nell’ambito applicativo della medesima norma del decreto Iva (si pensi ai servizi di pulizia relativi a edifici), non sono soggetti al meccanismo del reverse charge, venendo meno qualsiasi finalità antifrode, vista l’oggettiva detassazione dell’operazione.
Agenzia delle Entrate, principio di diritto 14/2019