Partecipazioni in successione, costi fiscali diversi in base alla categoria del reddito
La risposta a interpello 441/2019 pubblicata dalle Entrate il 29 ottobre esprime principi innovativi in merito al costo fiscale da attribuire ai fini dell’imposta sui redditi alle partecipazioni ricevute in sede successoria.
Ai fini della determinazione delle plusvalenze, l’articolo 68, comma 6 Tuir prevede che in presenza di trasferimenti mortis causa, l’avente causa assume come costo fiscale della partecipazione il valore dichiarato ai fini dell’imposta di successione (valore di mercato o quota parte del patrimonio netto contabile, a seconda che la società partecipata sia quotata o meno) mentre in caso di titoli esenti da imposizione, si assume il valore normale alla data di apertura della successione.
Nella risposta 441/19, le Entrate ritengono che tale concetto di costo fiscale non possa essere utilizzato ai fini della quantificazione dei redditi di capitale tassati per differenziale (si pensi alle ipotesi del cosiddetto recesso tipico o di liquidazione societaria), poiché ai fini della determinazione dei predetti redditi di capitale occorrerebbe fare riferimento alle regole proprie recate dall’articolo 47, comma 7, secondo cui costituiscono utile le somme e il valore normale dei beni ricevuti eccedenti «il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate».
Le Entrate sanciscono dunque l’esistenza di costi fiscali diversi ai fini della determinazione delle plusvalenze da cessione di partecipazioni e degli utili da recesso tipico e/o liquidazione societaria.
Si tratta di un doppio binario che già esiste in caso di rivalutazione delle partecipazioni non quotate, posto che ai sensi della legge 448/01 la rivalutazione assume rilievo ai soli fini della determinazione delle plusvalenze (si vedano circolari 12/E/02 e 16/E/05).
Ma al di fuori di tale ipotesi, l’esistenza di costi fiscali diversi a seconda della categoria di appartenenza del reddito conseguito appare una novità (si veda, ad esempio, il paragrafo 3 della circolare 37/E/16, che espressamente richiama l’articolo 68, comma 6 Tuir quale costo fiscale della partecipazione rilevante ai fini della quantificazione del cosiddetto sottozero realizzato dai soci di società di persone commerciali ex articolo 47, comma 7, del Tuir in sede di assegnazione di beni societari). L’interpretazione fornita nella recente risposta a interpello, per quanto conforme al dato letterale degli articolo 47 e 68 Tuir, appare poco sistematica e rischia di generare rilevanti fenomeni di doppia imposizione in caso di partecipazioni ricevute a titolo di reddito in natura, posto che in tali casi difetta un «prezzo pagato per l’acquisizione» della partecipazione da usare quale costo fiscale ai fini della determinazione dei redditi di capitale. Si tratta tipicamente delle partecipazioni ricevute dai dipendenti a titolo di fringe benefit o dai soci a titolo di dividendo in natura.
Proprio per evitare fenomeni di doppia imposizione l’articolo 68, comma 6 Tuir (originariamente, articolo 82, comma 5 Tuir) è stato modificato dal Dlgs 461/97 introducendo in tali casi – quale criterio alternativo di costo fiscale – il riferimento al «valore di acquisto» delle partecipazioni e permettendo dunque all’assegnatario di assumere un costo fiscale allineato al valore normale delle partecipazioni ricevute. Si veda in tal senso la relazione illustrativa al Dlgs 461/97, secondo cui «si è inteso evitare di sottoporre ad imposizione sotto forma di plusvalenza anche redditi già sottoposti ad imposizione ad altro titolo presso il cedente» (si veda altresì, le modifiche apportate al medesimo articolo dal Dlgs 505/99 al fine di chiarire che il valore di acquisto assume rilievo, in deroga al prezzo, solamente nella misura in cui tale valore sia stato «assoggettato a tassazione» in capo all’assegnatario). Analoga modifica non è tuttavia stata apportata all’articolo 47, comma 7 Tuir che dunque continua a definire il costo fiscale quale «prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate».
Sarebbe dunque auspicabile, al fine di evitare fenomeni di doppia imposizione, che le Entrate chiariscano che per le partecipazioni ricevute quale reddito in natura, anche i redditi di capitale di cui all’articolo 47, comma 7, Tuir possano essere determinati facendo riferimento a un costo fiscale corrispondente al valore normale delle partecipazioni assegnate che ha concorso alla formazione del reddito. Per gli stessi motivi, dovrebbe altresì essere confermato che ai fini dei redditi di capitale, il costo fiscale delle partecipazioni possedute da chi acquisisce la residenza fiscale italiana possa essere determinato in base al valore normale assoggettato ad exit tax nello Stato di provenienza, analogamente a quanto chiarito in materia di redditi diversi (si veda la risoluzione 67/07 e la circolare 17/17).
Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 441/2019