Patent box più chiaro per garantirne il successo
Il patent box è la vera sfida per rendere il nostro sistema fiscale finalmente (almeno un po’) competitivo. Sul fronte del bilancio dello Stato occorrerà “sfondare” il tetto di copertura di spesa, sicuramente non sufficiente, previsto dalla legge di stabilità 2015, mentre sul fronte della fruibilità per i contribuenti l’agenzia delle Entrate, a partire dalla circolare di imminente pubblicazione, dovrà compiere una grande opera per perimetrare e semplificare l’accesso al regime.
Le agevolazioni funzionano se sono semplici ed “arrivano” anche ai non addetti. Il rischio è quello di non sfruttare come si dovrebbe la prima, storica, occasione in cui si detassa la ricerca a valle, ovvero sugli utili rivenienti dalla stessa e non già solo a monte, sul fronte degli investimenti.
L’Italia può diventare un hub europeo per la ricerca, non tanto perché i costi per i ricercatori sono più bassi (primato invero non invidiabile, essendo questa la stessa ragione che li fa scappare), ma perché può puntare su questo regime in combinazione con altri (la cumulabilità ampia tra agevolazioni è stata recentemente ribadita dalla circolare 5/E in materia di credito per ricerca e sviluppo).
I punti su cui fare chiarezza sono molti e il compito per le Entrate (sia in fase interpretativa che in fase attuativa e di contraddittorio) non certo agevole.
Partiamo da chi ha presentato l’istanza a fine 2015. Se ora dovesse decidere di non dar seguito all’opzione (considerato che il Dm attuativo precisa che «l’opzione ha durata pari a cinque periodi di imposta, è irrevocabile ed è rinnovabile»), va chiarito senza tema di smentita che l’opzione non “implementata” va ritenuta come mai esercitata e che quindi il contribuente potrà optare nuovamente nei periodi d’imposta successivi laddove le condizioni originarie (che hanno comportato l’abbandono) risultino più chiare o mutate.
È poi importante individuare i documenti rilevanti ai fini del calcolo del reddito riferito agli intangibles, ciò a fini di semplificazione e di limitare la discrezionalità. I riferimenti alle linee guida Ocse da un lato fanno pensare alla rilevanza dei valori di bilancio (come avviene per il transfer pricing), ma poi il decreto attuativo del 30 luglio 2015 fa anche riferimento ai valori fiscali. Qui la soluzione potrebbe essere esprimere una preferenza per i valori fiscali, apparendo questa ipotesi più coerente con la ratio dell’agevolazione.
Va chiarito se il mero riaddebito da parte di società del gruppo dei costi di ricerca e sviluppo con l’applicazione di un mark up comporti o meno l’esclusione degli stessi dal novero di quelli da includere al numeratore del rapporto. Anche in questo caso la soluzione dovrebbe ricadere nella rilevanza di tali costi da considerare eventualmente al netto del mark up applicato.
Altro aspetto poco chiaro concerne l’individuazione dei costi rilevanti da considerare ai fini della determinazione del rapporto nel caso in cui non sono legati al singolo bene agevolabile, ma alla totalità dei beni presenti in azienda.
Un altro aspetto da chiarire riguarda la modalità di sterilizzazione dei costi di ricerca e sviluppo qualificati ai fini del patent box in caso di società residenti con stabili organizzazioni all’estero (che beneficiano dell’Ip) in caso di opzione per il regime della branch exemption.
Ancora va chiarito se il costo di acquisizione dell’intangible (eventualmente rivalutato) nell’ambito di un’operazione straordinaria è da considerarsi o meno costo di acquisizione ai fini del patent box e, come tale, rilevante (in negativo) ai fini della determinazione del denominatore del rapporto di calcolo per la quantificazione del reddito agevolato.
Anche la tempistica di sottoscrizione del ruling (che, in assenza - come invece sarebbe stato opportuno, alla luce dell'esperienza sui ruling in tema di transfer pricing - di una tempistica prefissata, auspichiamo sia comunque celere) avrà il suo impatto. I tempi di sottoscrizione influenzeranno infatti il periodo d'imposta in cui effettivamente verrà effettuata la variazione in diminuzione del patent box. Se successiva al termine di presentazione della dichiarazione, potrebbe essere necessario effettuare una variazione in diminuzione cumulativa in uno dei periodi d’imposta successivi. Tale potenziale discrasia temporale potrebbe causare effetti distorsivi nel caso, ad esempio, in cui la variazione cumulativa avvenga in un periodo d’imposta in perdita fiscale con conseguente applicazione della recapture rule.
Altri chiarimenti auspichiamo giungano sulla possibilità per le società (autodichiarate o accertate come) residenti in Italia in forza della presunzione di esterovestizione di optare per il regime di patent box e sulla possibilità di beneficiare dell’agevolazione per i redditi imputati per trasparenza in quanto provenienti da società Cfc.
Da gestire saranno inoltre le interrelazioni e le modalità di calcolo in presenza di società di comodo e della volontà di creare una Ip Company. In questo come in altri casi di riorganizzazioni abbinate all’opzione è opportuno che l’Agenzia vada oltre i confini del ruling e sostanzialmente conceda il semaforo verde preventivo anche rispetto alla riorganizzazione.
Appare, infine, possibile equiparare il rigetto del ruling a un diniego di agevolazione e quindi ipotizzarne la sua impugnabilità davanti agli organi di giustizia tributaria.
In attesa dei chiarimenti ministeriali su questi importanti aspetti, la proroga fino al 30 maggio 2016 per l’integrazione delle istanze presentate a partire dalla data di pubblicazione del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 1° dicembre 2015 deve essere salutata favorevolmente.