Professione

Quando lo studio passa di mano il prelievo varia con la forma sociale

Le aggregazioni alla prova delle regole fiscali

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di Dario Deotto

La fiscalità che ruota attorno alla determinazione del reddito dei professionisti è da ritenersi datata, non al passo dei notevoli cambiamenti (anche obbligati) che stanno investendo le professioni intellettuali.

Senza tornare alla disciplina delle aggregazioni professionali – su cui altre volte si è intervenuti su queste pagine (si veda Il Sole 24 Ore del 15 luglio e del 25 novembre 2019) – basti pensare all’assurda situazione generatasi per gli immobili strumentali per l’esercizio di un’arte e di una professione. Se, infatti, l’immobile viene acquistato attraverso un contratto di locazione finanziaria, la deduzione dal reddito (dei canoni) è ammessa, mentre se l’immobile risulta acquistato direttamente, la norma dell’articolo 54 del Tuir non consente la deduzione degli ammortamenti, visto che la deduzione deve intendersi riferita agli immobili acquistati nel triennio 2007/2009.

E in tutto questo fa certamente rabbrividire il fatto che gli uffici dell’agenzia delle Entrate (si hanno delle recenti segnalazioni provenienti dal Veneto) continuino a contestare l’abuso del diritto quando l’immobile strumentale viene intestato alla società di servizi riferibile al professionista, posto che gli ammortamenti non risultano deducibili nella determinazione del reddito di lavoro autonomo.

Lo studio associato
In questo contesto – inattuale, disorganico e, allo stesso tempo, preoccupante – occorre registrare la questione della cessione degli studi professionali, compresa quella in cui a passare la mano sono soltanto alcuni dei professionisti facenti parte di uno studio associato.

Dal 2006 (Dl 223/2006) è stato stabilito – all’articolo 54 del Tuir - che il corrispettivo della cessione della clientela o di altro elemento immateriale (ad esempio, il “nome”) di uno studio professionale rileva nella determinazione del reddito di lavoro autonomo. In passato – ma solo come prassi delle Entrate – si sosteneva la rilevanza della cessione dello studio professionale come reddito diverso (articolo 67 del Tuir), tra gli obblighi di fare, non fare e permettere.

La cessione delle quote
La questione che ora si pone è quella relativa alla cessione delle “quote” di partecipazione a un’associazione professionale o a una società semplice svolgente attività professionale. L’articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis), del Tuir stabilisce una specifica esclusione dalla tassazione per le plusvalenze derivanti dal trasferimento delle quote di partecipazione al capitale o al patrimonio di associazioni costituite fra persone fisiche per l’esercizio dell’attività professionale. L’esclusione riguarda – letteralmente - le associazioni professionali, e non il trasferimento delle quote riferite a una società semplice svolgente un’attività professionale.

È chiaro, tuttavia, che posta l’equiparazione reddituale (ma ora, a parere di chi scrive, anche quella civilistica) stabilita dall’articolo 5, comma 3, lettera c), del Tuir, tra l’associazione professionale e la società semplice, l’esclusione da tassazione deve necessariamente riferirsi anche alla cessione delle quote di società semplice svolgente attività professionale.

Irrilevanza reddituale
Va rilevato, però, che l’esistenza di un’esclusione da tassazione per le plusvalenze relative a questa tipologia di partecipazioni determina inequivocabilmente l’indiretta impossibilità di attribuire alle medesime un proprio valore fiscale, considerato proprio la non rilevanza reddituale di quanto eventualmente emerso in sede di loro cessione. Infatti, il loro costo/valore fiscalmente riconosciuto ha rilievo sotto il profilo reddituale soltanto quando l’eventuale plusvalenza (o minusvalenza) risulta fiscalmente rilevante.

Così che, in ragione dell’irrilevanza reddituale delle relative plusvalenze, il valore fiscale delle quote di partecipazione al patrimonio di un’associazione professionale (o di una società semplice che fa attività professionale) risulta certamente pari a zero. Aspetto quest’ultimo assolutamente determinante nel caso di successiva trasformazione dell’associazione professionale (o società semplice) in Stp o Sta (società tra avvocati), come risulta dall’articolo qui a destra. Questi “disallineamenti” testimoniano ancora una volta quanto risulti obsoleta la normativa relativa al “passaggio” delle attività professionali nelle diverse forme giuridiche ora utilizzabili.

I casi pratici

Cessione di quote dello studio associato
La cessione della clientela o di altro elemento immateriale
(ad esempio, il “nome”) di uno studio professionale rileva nella determinazione del reddito di lavoro autonomo, in base all’articolo 54 del Tuir.

Invece, l’articolo 67 dello stesso Tuir stabilisce l’esclusione dalla tassazione per le plusvalenze derivanti dal trasferimento delle quote “di partecipazione” al capitale o al patrimonio di associazioni costituite fra persone fisiche per l’esercizio dell’attività professionale.

L’esclusione non riguarda - letteralmente - il trasferimento delle quote riferite a una società semplice svolgente un’attività professionale.

Cessione di quote della società semplice
Occorre tuttavia considerare l’equiparazione reddituale (ma anche quella civilistica) stabilita dall’articolo 5, comma 3, lettera c), del Tuir, tra l’associazione professionale e la società semplice.

È quindi da ritenere che l’esclusione dalle tassazione stabilita dall’articolo 67 del Tuir debba riferirsi anche alla cessione delle quote di società semplice svolgente attività professionale.

L’esclusione dalla tassazione per le plusvalenze relative a questa tipologia di “partecipazioni” determina anche l’impossibilità di attribuire alle medesime
un proprio valore fiscale.

Cessione di quote stp o sta trasformate
La questione che si pone è anche quella della cessione delle quote o azioni riferibili a una società tra professionisti o un società tra avvocati, quando quest’ultima deriva dalla trasformazione di un’associazione professionale o di una società semplice. In questa ipotesi occorre verificare se il capitale sociale risulta costituito con somme che hanno già concorso alla determinazione del reddito in capo agli associati o ai soci.

In caso positivo, il costo/valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni assume lo stesso valore del capitale sociale della Stp o Sta. Altrimenti, in assenza anche di eventuali conferimenti dei soci, il valore fiscalmente riconosciuto risulta pari a zero.

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