Quell’accavallarsi di scadenze soltanto per ragioni di gettito
Per cogliere il disagio e l’irritazione delle migliaia di studi professionali di questi giorni, non è sufficiente limitarsi a esaminare la “caporetto” spesometro , ma bisogna partire da più a monte, riflettendo su come si snoda nel corso dell’anno l’attività di chi per mestiere assiste ogni giorno imprese e professionisti.
Tralasciando (si fa per dire) le centinaia di ordinarie scadenze periodiche (Iva, ritenute, F24 tanto per fare alcuni esempi), le svariate campagne dichiarative (Iva, redditi, Irap e 770), la gestione dei bilanci, le scadenze dei versamenti (saldi, acconti, tributi comunali), gli studi ormai devono farsi carico di assistere i propri clienti in un’infinità di adempimenti telematici per routine. Solo per elencarne alcuni. Si inizia l’anno con l’assistenza negli invii dei dati necessari all’Agenzia per l’alimentazione della dichiarazione precompilata online: chi in studio assiste qualche medico che non è autonomo nella gestione del Sistema tessera sanitaria sa bene questo cosa significa. Si prosegue con la gestione delle certificazioni uniche dei clienti. Si aggiungono da quest’anno le nuove comunicazioni periodiche delle liquidazioni Iva e delle fatture Iva. Diciamo che non c’è da annoiarsi. In particolare lo spesometro Iva rappresenta la summa dell’annuale delirio degli adempimenti telematici se solo si riflette sugli accadimenti di questi giorni. Solo chi vive la realtà operativa dello studio professionale, infatti, sa quanto sia laboriosa e complessa la gestione delle migliaia di dati che arrivano da uno spesometro di un cliente esterno. Molto spesso, infatti, la diagnostica del sistema di controllo della comunicazione rende necessario gestire e rettificare più e più volte la stessa comunicazione con un impiego massiccio di tempo e di risorse umane. Per un adempimento, peraltro, anche di difficile valorizzazione con il cliente che non coglie il lavoro svolto dal professionista. E con tempo e risorse sottratte ad atre attività che potrebbero essere professionalmente più qualificate e remunerative.
E poi all’ordinario si somma lo straordinario che ormai è diventato ordinario. Solo quest’anno: rottamazione dei ruoli, definizione delle liti pendenti, voluntary-bis, rivalutazione terreni e partecipazioni, estromissioni agevolate dei beni d’impresa (tralasciando l’entrata a regime dei nuovi Oic e del principio di derivazione rafforzata). In gran parte misure dettate da esigenze di gettito per l’Erario. Tutte scadenze per le quali bisogna contattare o rispondere ai clienti interessati, istruire le pratiche, fare l’analisi dei casi, decidere se procedere o meno; scelte che richiedono tempo che il più delle volte è tanto. È quindi fuorviante pesare l’effetto di questi adempimenti sugli studi contando ex post quanti sono stati coloro che effettivamente hanno proceduto con l’operazione. A monte ci sono infiniti casi che, una volta analizzati, vengono accantonati per i motivi più svariati, ma che hanno assorbito lavoro. Sia chiaro, lavoro che è linfa per gli studi, se non ci fosse anche da gestire un ordinario che ormai è al collasso.
Urge quindi prendere atto che la situazione è ormai allo stremo e intervenire. Ben vengano, quindi, le proposte di razionalizzazione del calendario delle scadenze 2018 a condizione che gli interventi siano concreti ed efficaci. Ed è fondamentale che d’ora in poi non si prevedano più nuovi adempimenti a carico degli intermediari con la stessa superficialità con cui è stato trattato lo spesometro che, a detta di molti, doveva essere una banale acquisizione di dati ma che poi si è tradotto nell’incidente oggi a tutti noto. I professionisti non sono cavie telematiche.